Non possiamo non dirci non violenti by La Porta Filippo & Luca Cirese

Non possiamo non dirci non violenti by La Porta Filippo & Luca Cirese

autore:La Porta, Filippo & Luca Cirese [La Porta, Filippo & Cirese, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Castelvecchi
pubblicato: 2021-12-14T23:00:00+00:00


5. Guerre giuste, guerre necessarie

FILIPPO. Beh a tuo nonno però avrei voluto ricordare l’osservazione di George Orwell cui prima accennavo, e cioè che un bambino – o almeno un maschietto – con i pacifisti di stagno non si diverte come con i soldatini… Io alle elementari sognavo di fare duelli e battaglie, mica i sit-in e la resistenza passiva! Non sottovalutiamo il bisogno umano di epicità, anche se, come abbiamo detto, occorre una trasformazione dell’immaginario stesso. Quando poi quella epicità si trova davanti una “guerra giusta” allora la strada diventa spianata.

LUCA. Che cosa intendi per guerra giusta?

FILIPPO. La teoria delle “guerre giuste”, oggi trapassata in quella della “violenza umanitaria” ha una lunga storia che si perde in sant’Agostino e nei padri della chiesa. Pensiamo poi solo alle guerre d’indipendenza dell’Ottocento, alle tante guerre di liberazione nazionale del Novecento o alla “guerra giusta” contro Hitler (che pure implicò Dresda e Hiroshima: sul piano della Storia il Bene non esiste). Norberto Bobbio appoggiò la guerra nel Kosovo della NATO, nel 1999, dopo tre anni di guerra – vi partecipò l’Italia con il Governo D’Alema, fu il secondo nostro intervento militare dalla Seconda Guerra Mondiale dopo quello in Iraq nel 1991 – perché se l’unico modo di cercare la pace è il diritto, quando viene violato il diritto (in questo caso il diritto internazionale) allora deve intervenire chi detiene kantianamente il monopolio della forza legittima, della coercizione sugli altri, proprio in quanto garante della pace. Ora, sarebbe auspicabile che questo soggetto fosse un super-Stato, e cioè l’ONU, dotato di un proprio esercito. Ma in assenza di un super-Stato allora, diceva Bobbio, tale funzione può essere surrogata da uno Stato come l’America, che almeno è uno Stato democratico, e che proprio nel Kosovo fermò il genocidio (magari ha solo ritardato una sua esplosione imminente, ma è già qualcosa…).

Secondo qualcuno però – ad esempio Alberto Castelli, che insegna Storia delle dottrine politiche a Ferrara – una guerra non può mai essere definita “giusta”, dunque moralmente legittima, dato che comporta così tanta morte e distruzione da travalicare qualsiasi questione di principio, di riparazione di un torto, ecc.: sarebbe come dire uno “stupro giusto” o una “tortura giusta”. Una guerra, secondo Castelli, può dunque essere definita solo “necessaria”. Ma proprio in Kosovo – dove la linea della nonviolenza di Ibrahim Rugova, primo presidente, venne sconfitta – l’intervento della NATO, il bombardamento dall’alto con proiettili di uranio impoverito, è stato davvero “necessario” o ha intensificato le violenze? C’erano alternative realisticamente praticabili?

LUCA. Alternative davvero praticabili per il Kosovo? Non so, a guardare quella brutta storia verrebbe da dire che è proprio in tutta la guerra dei Balcani che siamo intervenuti assai male e troppo tardi. Perché per ragionare della guerra di cui parli, non si può dimenticare che pochi anni prima la Serbia aveva compiuto un genocidio contro i musulmani di Bosnia: un fatto oggi confermato anche dalla sentenza del Tribunale internazionale dell’Aja. Un orrore contro cui Alex Langer – uomo di grandi e ricche contraddizioni fino a diventare



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