ops by Elisa Maino

ops by Elisa Maino

autore:Elisa Maino [Maino, Elisa]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 2018-06-04T22:00:00+00:00


21

L’atmosfera è sospesa, il brusio delle persone mi mette ansia, non c’è più la musica rilassante di prima, solo le lucine colorate mi danno un po’ di conforto. Salgo sul palco, Chris è già lì che mi aspetta, sta accordando la chitarra. Di colpo mi viene in mente un ricordo di me bambina, io che per la prima volta salgo sul palco di un teatro, le luci accecanti, il silenzio innaturale, un pubblico di volti tra i quali non riuscivo a riconoscere i miei genitori…

«Chris, io non sono sicura di farcela…»

Ma poi era partita la musica…

«Conto fino a tre per tre volte prima di dare l’attacco, ok?»

E avevo cominciato a ballare.

Ora, dieci anni dopo, ho paura, il palco è la mia casa ma questa volta mi sembra ostile. Accarezzo il legno freddo con la punta del piede, provo in tutti modi a mettermi in contatto con il palco e le sensazioni di calma che mi suscita di solito, ma questa volta sono sola.

Mi posiziono al centro, dove la luce batte più forte, Chris è seduto davanti a me, dà le spalle al pubblico, è un dialogo intimo tra noi due. Fa un cenno con la testa come per dire di essere pronto, è il momento, tutto quello che fino a poco fa mi sembrava il futuro, adesso è diventato il presente e dal presente non si può scappare.

«Uno… due… tre.»

Chris batte il tempo con il piede sul legno, il primo segnale.

«Uno… due… tre.»

Chiudo gli occhi, devo giocarmi anche l’ultimo pezzo di cuore.

«Uno… due…»

L’ultimo segnale.

«Tre!»

Chris accarezza le corde della chitarra e la melodia si alza, leggera e profonda. Io rimango immobile, terrorizzata, ho perso l’attacco.

Chris mi guarda con fare interrogativo. Chiudo gli occhi e ascolto la musica. Respira. Mi torna in mente un altro ricordo di me bambina, sono su una barca in vacanza con i miei genitori, stringo in mano la mia bambola preferita. Ma a un tratto prendiamo un’onda troppo grande e la barca sussulta, la scossa mi fa cadere dalle mani la bambola, io non ci penso due volte e mi butto per recuperarla e sprofondo in mezzo al mare, troppo immenso per riuscire a vederne il fondo. Chiudo gli occhi. Una mano mi afferra il braccio, è il mio papà.

Poco dopo sono ancora a bordo della barca, infreddolita, non ho trovato la mia bambola, ma sono salva. Di quel ricordo non mi è rimasta la paura del mare, ma soltanto la convinzione che, se non avessi provato a recuperare la mia bambola, sarei cresciuta con il rimorso di non averci provato.

Ci sono certi errori che bisogna fare.

Mi alzo sulle punte dei piedi e lascio che sia il mio corpo a muoversi libero senza che la mente comandi, la coreografia che ho preparato la dimentico completamente e seguo un ritmo nuovo che viene direttamente dal mio cuore, non so se sto andando bene o male, ormai sono un tutt’uno con la melodia. Tengo gli occhi chiusi, ma la musica mi sfiora come velluto sulla pelle, mi stringe e mi scalda, il mio corpo ondeggia e parla con il palco.



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