Pazzi Roberto - 1991 - La stanza sull'acqua by Pazzi Roberto

Pazzi Roberto - 1991 - La stanza sull'acqua by Pazzi Roberto

autore:Pazzi Roberto
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: General, Fiction
ISBN: 8811662788
editore: Giunti
pubblicato: 2012-03-12T23:00:00+00:00


«Sai perché ci hanno lasciato incontrare?». Cesarione s’era sciolto un momento a fantasticare, ma la voce di Afra lo richiamava alla realtà: «Vogliono ucciderci insieme, son d’accordo i tuoi e i miei cortigiani, è la stessa razza di traditori».

Cesarione, che pure l’aveva sospettato, non voleva riconoscerlo, non voleva pensare. Faceva ancora tanto buio, perché pensare?

Afra sentiva calare nel fondo dell’anima di lui la notte della rassegnazione, una prigione più tetra di quella dove lei era vissuta negli ultimi giorni. Chi era mai quel giovane che conosceva appena ma senza del quale non le pareva di poter più vivere? Solo gli dèi, per quanto immaginava, avevano quella bellezza e quel modo di amare una donna mortale. Ma anche quella sua apatia era poco umana.

«Chi era tuo padre?».

«Cesare, il padrone di Roma. Amò mia madre e l’abbandonò per tornare a Roma dove fu ucciso in una congiura. Lei ebbe allora accanto a sé Antonio, sconfitto poi da un nipote di mio padre, Ottavio, che ora mi vuole morto e mi dà la caccia».

«Mia madre mi ha accennato di Cesare parlandomi della tua. Da noi incombe un altro invasore; egli ormai sta per occupare la mia terra, anche per questo i miei cortigiani vogliono arrestarmi per consegnarmi a lui e ingraziarselo».

«Quanti mondi in uno solo...», mormorava sorridendo Cesarione scompigliandole i capelli che lei aveva appena ripreso a pettinare. A un tratto Afra si staccò, gli afferrò con le mani le spalle e lo fissò serissima:

«Ora ascoltami, ti prego, per noi c’è solo questo mondo delle nostre due navi piene di traditori. Quanti uomini stanno dalla tua parte?».

«Una ventina circa, ma le armi sono custodite dal navarca, uno dei tre cortigiani che mi vogliono prigioniero».

«Dalla mia ne stanno ancor meno perché pochissimi, oltre i miei ministri, sanno chi sono».

Cesarione si rabbuiò; perché mai quei pochi sapevano? In che rapporti erano stati con lei?

Sentì il morso della gelosia e del sospetto. Afra dovette intuirlo e aggiunse, con un tono appena più distratto:

«Sono creature di mia madre, schiave cui ha affidato il mio segreto per necessità del loro aiuto». Cesarione l’abbracciò rovesciandola sui cuscini e prese di nuovo a baciarla tutta. Perché doversi preoccupare di salvarsi appena consumato il momento dell’incontro? C’erano due strade, una riportava a casa lui, verso la morte, e salvava lei. L’altra riconduceva a casa lei, verso la morte, e risparmiava lui. Il Nilo, nella sua crudeltà, non offriva altra via. Alle sorgenti la donna, alla foce l’uomo, donavano l’uno all’altro la fine; là dove erano nati, in patria. Entrambi erano respinti dalla loro vita, come se solo in una proiettata nel futuro, sconosciuta e contumace, si celasse la sopravvivenza; eppure in quella vita futura riposava la certezza di non poter amare più nessuno, perduta su quella via la creatura amata. Era la morte a concedere l’incontro, l’impossibilità di rapire il compagno nella quotidianità del proprio avvenire.



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