Per una nuova filosofia della cittadinanza by Sergio Caruso

Per una nuova filosofia della cittadinanza by Sergio Caruso

autore:Sergio Caruso [Caruso, Sergio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Firenze U.P.
pubblicato: 2014-06-20T22:00:00+00:00


Al di là del popolo: la cittadinanza come political agency e plesso di funzioni in cerca di rappresentanza

Sorretto da queste prospettive, mi sento di arrivare alla conclusione seguente: che la sovranità politica, per eccellenza espressa nella forme della legge e della giurisdizione territoriale, sia solo una delle manifestazioni che la sovranità popolare esige. E che la democrazia stricto sensu politica, cioè quella fondata su più partiti che competono fra loro con libere elezioni a suffragio universale, sia – oggi più che mai – solo uno dei giochi che la democrazia rappresentativa può giocare. Se non siamo riusciti a estendere la democrazia rappresentativa nel sociale, non è perché ciò sia in assoluto impossibile, ma perché abbiamo imposto alla varietà delle sfere sociali le forme e il linguaggio della rappresentanza politica, quella mediata dai partiti sul territorio, anziché rispettare le grammatiche locali, la peculiarità dei giochi. Come se potesse mai esistere un superlinguaggio omni-traduttore che risolve in sé tutto.

Per evitare questa trappola propongo che smettiamo di parlare di ‘popolo’, un macro-soggetto irrappresentabile e forse immaginario, per parlare solo di cittadinanza come political agency collettiva che trova concreta espressione nella varietà delle sfere sociali, politiche e non; e come l’insieme di coloro che condividono a qualche livello (uno o più di uno) un plesso di funzioni (tutte o solo alcune).

Quella qualificazione soggettiva che chiamiamo ‘cittadinanza’ è in realtà un fascio di funzioni. Tanto più se guardiamo alla «cittadinanza in senso materiale», come suggerito da Baglioni (2013). Mi piace la parola ‘funzione’, per tre ragioni: (1) perché sta al di qua del diritto e del dovere, come matrice di entrambe; (2) perché presuppone una potenza della cittadinanza sociale, al di qua del potere politico; (3) perché rimanda, nella concreta esistenza del cittadino, a diverse forme di ‘funzionamento’ che – Sen docet – chiedono di essere ulteriormente potenziate.

La cittadinanza, dunque, come plesso di funzioni. C’è – nessuno lo metta in discussione! – il cittadino-elettore: formale protagonista della democrazia stricto sensu politica, in quanto particella della ‘volontà generale’. Ma ci sono anche il cittadino-produttore, il cittadino riproduttore ed educatore (che riproduce le precondizioni della vita sociale), il cittadino-consumatore, il cittadino-risparmiatore, il cittadino-contribuente, il cittadino-utente, il cittadino-residente, e così via. Ognuna di queste funzioni si svolge in una varietà di arene: non solo pubbliche (nel senso formale degli uffici pubblici), bensì anche afferenti al privato-sociale (com’è per le associazioni civiche, per i social networks e per ogni forma, direbbe Bion, di pubblic/azione) e persino afferenti al privato-privato. Basti qui pensare alle funzioni riproduttiva ed educativa cui uno assolve in quanto genitore: all’interno della famiglia, certo, ma con effetti di rilevantissima importanza all’esterno di essa. Oppure anche alla funzione sociale cui adempie il cittadino col semplice fatto di risiedere in una certa città: ben più che un utilizzatore di servizi, un contribuente ed eventualmente un elettore, la residenza fa di lui/lei un co-autore di quella certa «civiltà metropolitana» (sulle molte facce di questo concetto, cfr. Totaro 1989).

Sono tutte – aggiungo – funzioni di rilevante importanza economica. Per essere



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