Quel brivido nella schiena by Carola Barbero;

Quel brivido nella schiena by Carola Barbero;

autore:Carola, Barbero; [Barbero, Carola ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Saggi
ISBN: 9788815410214
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-08-15T00:00:00+00:00


3. Tradurre alla lettera

Tradurre è un’attività molto complessa, densa di revisioni e ripensamenti. La stessa Geier si ritraduceva costantemente. Per esempio, il titolo di uno dei «cinque elefanti» lo aveva inizialmente lasciato in tedesco come Schuld und Sühne (Colpa ed espiazione), mantenendo anche per la propria versione del 1964 la traduzione adottata in una delle primissime edizioni tedesche del capolavoro di Dostoevskij risalente al 1887. Ma poi, in una traduzione successiva, pubblicata dalla casa editrice Amman nel 1994, ha il coraggio di cambiare il titolo in Verbrechen und Strafe, Delitto e castigo, appunto, e finalmente, dal momento che, come spiega lei stessa in una intervista [Geier 2008], il binomio «colpa-espiazione» aveva evidentemente ben poco a che fare con il mondo interiore di Raskòl’nikov.

Il titolo originale russo dell’opera è Преступление и наказание che letteralmente significa «il delitto e la pena», dove il richiamo è al noto trattato del 1764 di Cesare Beccaria Dei delitti e delle pene, tradotto in russo nel 1803 e conosciuto. La prima traduzione italiana di questo libro – che era stata realizzata a partire dalla traduzione francese di Victor Derély che si intitolava Le crime et le châtiment – esce con il titolo Il delitto e il castigo. «Châtiment» in effetti in italiano si traduce con «castigo» e, per quanto si tratti di termini che non conservano la sfumatura giuridica del vocabolo originale di Dostoevskij, risultano comunque appropriati (sebbene letteralmente non corretti, il termine originale allude infatti alla pena giuridica, non al castigo morale), visto poi il percorso che porterà Raskòl’nikov alla consapevolezza.

Questa breve riflessione sul problema legato al titolo del romanzo di Dostoevskij mette bene in luce quanto sia complesso decidere come tradurre, se (per riprendere la spiegazione figurata offerta da Geier riportata sopra) a testa bassa, seguendo il testo alla lettera, oppure a testa alta, comprendendo, innanzitutto, e poi rielaborando, interiorizzando, interpretando e modificando l’originale.

Non aveva invece dubbi su quale dovesse essere la strada giusta per realizzare una buona traduzione Vladimir Nabokov – che si era peraltro rassegnato (non senza sofferenza)[18] a scrivere in una lingua che non era la propria e che sapeva di cosa parlava, visto che si era cimentato in diverse traduzioni (anche di proprie opere, come quella di Lolita in russo realizzata nel 1967). Secondo Nabokov, una traduzione deve essere il più fedele possibile al testo originario e il traduttore deve, letteralmente, «sparire» mentre traduce. È precisamente quello che ha cercato di fare quando, mosso dall’urgenza di fornirne una versione ai suoi studenti della Cornell University, ha lavorato alla traduzione dell’Onegin di Puškin, l’orgoglio della letteratura russa. Un buon traduttore secondo lui ha un unico dovere da rispettare, quello di riprodurre con assoluta esattezza l’intero testo, nient’altro che il testo[19]. Date queste premesse, sembrerà strano osservare che nessun altro libro di Nabokov (con l’eccezione di Lolita, per motivi che ormai sono noti a tutti) ha generato così tante discussioni come la traduzione dell’Onegin. Nabokov realizza una traduzione letterale nel senso che rende il significato contestuale dell’opera originale, rispetta le capacità sintattiche



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