Racconti fantastici by Michail Bulgakov

Racconti fantastici by Michail Bulgakov

autore:Michail Bulgakov [Bulgakov, Michail]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2013-06-20T22:00:00+00:00


9. La poltiglia vivente

L’agente della GPU presso la stazione di Dugino, Ščukin, era un uomo molto coraggioso. Disse meditabondo al suo compagno, il rosso Polajtis:

«Be’, su, andiamo. Eh? Prendiamo la motocicletta» poi tacque e soggiunse, rivolgendosi all’uomo seduto sulla panca: «Posi il flauto».

Ma l’uomo canuto e tremante che sedeva sulla panca nella stanza della GPU di Dugino, non posò il flauto, e si mise a piangere e a muggire. Allora Ščukin e Polajtis capirono che dovevano essere loro a togliergli il flauto: le dita dell’uomo vi si erano incollate. Ščukin, che era dotato di un’enorme forza, quasi da circo, si mise a raddrizzargli un dito dopo l’altro e glieli staccò tutti. Allora posarono il flauto sul tavolo.

Erano le prime ore del soleggiato mattino successivo al giorno della morte di Manja.

«Lei viene con noi,» disse Ščukin, rivolgendosi ad Aleksandr Semenovič «ci mostrerà dove e come.» Ma Rokk si scostò terrorizzato e si coprì il viso con le mani come di fronte a una spaventosa visione.

«È necessario che ce lo mostri» aggiunse severamente Polajtis.

«No, lascialo stare. Lo vedi che non è in sé.»

«Mandatemi a Mosca» li pregò piangendo Aleksandr Semenovič.

«Non vuole davvero più tornare al sovchoz?»

Ma invece di rispondere, Rokk si fece di nuovo schermo con le mani, e dai suoi occhi traboccò il terrore.

«Va bene,» decise Šukin «effettivamente lei non è in grado... Lo vedo. Adesso passerà un rapido, lei parta con quello.»

Poi, mentre il guardiano della stazione dava da bere dell’acqua a Aleksandr Semenovič, che batteva i denti contro la tazza azzurra e sbocconcellata, Ščukin e Polajtis si riunirono in consiglio. Polajtis riteneva che non fosse successo assolutamente nulla, che Rokk fosse semplicemente un malato di mente e che avesse avuto una spaventosa allucinazione. Ščukin invece era propenso a ritenere che dalla città di Gračevka, dove al momento si trovava un circo, fosse scappato un boa constrictor. Sentendo il loro dubbioso confabulare, Rokk si alzò in piedi. Era un po’ tornato in sé e tendendo le braccia come un profeta biblico, disse:

«Ascoltatemi. Ascoltate. Perché non mi credete? C’era. E dov’è ora mia moglie?».

Ščukin si fece taciturno e serio e spedì immediatamente un telegramma a Gračevka. Un terzo agente, per ordine di Ščukin, doveva non allontanarsi da Aleksandr Semenovič e accompagnarlo a Mosca. Ščukin e Polajtis invece cominciarono a prepararsi per la spedizione. Avevano una sola pistola elettrica, ma era già una bella difesa. Il modello a cinquanta colpi del ’27, orgoglio della tecnica francese per il combattimento ravvicinato, colpiva soltanto a non più di cento passi di distanza, ma aveva un raggio d’azione di due metri di diametro e in quel raggio uccideva a colpo sicuro qualsiasi essere vivente. Era molto difficile mancare il bersaglio. Ščukin si armò del luccicante giocattolo elettrico, Polajtis invece prese una comune mitraglietta a venticinque colpi, si rifornì di caricatori, e i due, sulla stessa motocicletta, partirono alla volta del sovchoz nel fresco e rugiadoso mattino. In un quarto d’ora la motocicletta percorse scoppiettando i venti chilometri che separavano la stazione dal sovchoz (Rokk aveva



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