Ribellarsi non basta by Fulvio Lorefice

autore:Fulvio Lorefice [Lorefice, Fulvio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bordeaux
pubblicato: 2017-07-12T22:00:00+00:00

Capitolo 3

Il primitivismo italiano

3.1. Partito elettorale e autorganizzazione della società civile

L’ascesa di Syriza e la nascita di Podemos non possono, dunque, comprendersi al di fuori del loro posizionamento politico in alternativa all’establishment dell’ultimo ventennio e delle mobilitazioni politiche e sociali che hanno segnato la storia recente dei rispettivi paesi. La ricezione in Italia di queste esperienze si è caratterizzata invece per la straordinaria attenzione posta su alcuni aspetti esteriori, relativi in particolare alla leadership. Questa circostanza consente di affrontare il tema della crisi dei partiti italiani secondo una visuale attenta ai profili interni l’organizzazione. Lo schema analitico maggiormente utilizzato nelle ricerche sui singoli partiti, osserva Domenico Fruncillo, «fa riferimento a tre facce».

Il party on the ground riguarda l’organizzazione di base ossia la membership e le strutture periferiche, il party in central office concerne gli apparati burocratici e il quadro dirigente centrale e nazionale, il party in public office è relativo alla presenza e all’articolazione e alle proiezioni dei partiti nelle istituzioni statali e ai loro reciproci rapporti.

Gli studi compiuti hanno posto in evidenza «la crescente egemonia del party in public office». Ciò ha quindi comportato, per un verso, la «“statalizzazione” dei partiti», «che tendono a proporsi come organi dello Stato», per un altro, la «“partitizzazione” delle istituzioni pubbliche largamente occupate dagli uomini di partito».1 Dominante, in ultima istanza, risulta il ruolo degli eletti a discapito del legame tra rappresentanza politica e conflitto sociale, che si è invece «affievolito fino a scomparire».2 Con la nozione di «partito elettorale» ci si può dunque riferire a quelle organizzazioni la cui principale attività è orientata alla competizione elettorale e le cui caratteristiche sono essenzialmente tre: «la preminenza della leadership, l’agilità delle strutture organizzative, la riduzione della dimensione della membership».3 In un siffatto partito la personalità del leader riveste un ruolo decisivo nella misura in cui garantisce dall’alto coesione e visibilità.

La fascinazione della sinistra per Tsipras e Iglesias, più che per Syriza e Podemos, è in parte il riflesso dell’introiezione di tale paradigma organizzativo. Un paradigma in funzione del quale si ritiene possibile sopperire alla mancanza di insediamento sociale con una qualche forma di simulazione partecipazionista, giustificata con l’idea che siano i media il luogo del conflitto.4 Non può, quindi, stupire che l’insegnamento politico comunemente tratto dall’esperienza di Syriza e Podemos consista nell’esaltazione del momento monocratico e nella connessa ricerca di un salvifico nuovo leader.5 Una strada percorsa già dalla sinistra dell’ultimo ventennio, la cui affannosa rincorsa ai nuovi modelli organizzativi dei dominanti, non paga dei disastrosi risultati fin qui raccolti, sembra oggi spingersi oltre le soglie del raziocinio politico, giungendo a mettere in discussione l’opportunità stessa di organizzarsi in favore di culti spontaneistici più o meno primitivi. Panacea di antichi e nuovi mali, oltre le tradizionali forme della rappresentanza, sarebbe, infatti, l’autorganizzazione della società civile: una rete orizzontale di rapporti autorappresentativi grazie ai quali sarebbe possibile dar vita, nel medio periodo, a un soggetto politico a trazione elettorale. La polemica antipartitocratica in tale quadro diviene, quindi, una fonte di legittimazione di fronte all’opinione pubblica, una genuflessione a un sentire comune certamente non progressista.

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