Russia addio. Come si colonizza un impero by Giulietto Chiesa
autore:Giulietto Chiesa [Chiesa, Giulietto]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-17T12:27:04+00:00
XVI. I magnifici Otto
Câera una volta un classico â che adesso è impossibile, quasi sacrilego, nominare â il quale affermava risolutamente che la politica è espressione concentrata dellâeconomia. Cioè â ma lui, il classico, non lâavrebbe detta così â lâeconomia sarebbe il brodo e la politica il dado. In termodinamica equivarrebbe a una specie di antientropia, poiché di regola si può andare, aggiungendo acqua, dal dado al brodo, ma non si può fare il percorso inverso. In Russia invece si può. Al termine del «primo piano quinquennale per lâintroduzione forzata del capitalismo» si osserva infatti lâingresso in politica dei rapinatori (chiamarli capitalisti, alla luce delle considerazioni qui esposte pare offensivo per questi ultimi). Ingresso diretto, senza mediazioni, dalla porta principale, e senza neanche passare attraverso qualche elezione. Non siamo mica in America, dove il miliardario Ross Perot, vero kamikaze, cerca di farsi eleggere presidente spendendo del suo. In Russia si entra in politica gratis, per nomina.
Câera un altro classico, anche lui non citabile, che scandalizzò il mondo affermando che i governi (borghesi) altro non erano che comitati dâaffari del grande capitale. Esagerava, naturalmente. Era un poâ troppo brutalmente sommario e, come tale, sbagliava. Si è visto che, quanto a cantonate, ne prese parecchie. Errare humanum est. Ma sarebbe contento di sapere che, almeno per quanto concerne la Russia, e questo specifico tema, ebbe ragione.
La faccenda avviene con curiosi contorni. Allâinizio cominciarono i pesci piccoli, facendosi eleggere deputati alla Duma, la Camera bassa del parlamento. Per varie ragioni. In primo luogo non tutti i giorni câè una elezione presidenziale. E, infatti, la prossima, comunque vada la salute di Eltsin, è molto improbabile si tenga entro il 2000. E lâultima â come sâè visto â si è tenuta solo per il rotto della cuffia. Ripiegare su un seggio parlamentare permetteva comunque di spendere meno. Inoltre numerosi businessmen pensarono che stare nella Duma avrebbe aiutato le loro attività imprenditorial-speculativo-bancarie. Infine, per quelli che già erano lanciati, câera sempre la prospettiva invitante e liberatoria dellâimmunità parlamentare.
I pesci davvero grossi non ci pensarono nemmeno per un attimo. Trafila, più che costosa, scomoda.
Aspettarono che i tempi maturassero ed entrarono direttamente nella verticale del potere esecutivo.
Il lettore lontano da queste latitudini penserà a unâennesima forzatura. Invece è proprio così. A vantarsene pubblicamente è stato Boris AbramoviÄ Berezovskij, uno degli «otto» cui è stato dedicato il presente capitolo. Probabilmente il più magnifico dei magnifici. Certo il più intraprendente. Lo ha fatto in una ormai storica intervista a un giornale inglese qualche giorno dopo essere stato nominato con decreto presidenziale vice segretario del Consiglio di sicurezza. Il «vice»
non inganni. Chiunque, nella Mosca che decide, sa quanto conti il «segretario» Ivan Rybkin, pesciolino ripescato a questa sinecura da Boris Eltsin dopo le sue numerose disavventure: da comunista portato a presiedere la prima Duma, a transfuga nel campo presidenziale, a vittima sacrificale incaricata di fondare il partito di sinistra dirimpettaio del partito di destra di Äernomyrdin nello schemino immaginato dai due geni eltsiniani, Satarov e Å achraj (dagli amici mi guardi Iddio
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