s by updike john

s by updike john

autore:updike, john [updike, john]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


4 agosto.

Caro signor Gilman, per alcuni giorni, qui nel deserto, ho attentamente studiato le sue lettere. La routine spirituale dell’ashram rende difficile mettere a fuoco l’antipatico materialismo che, evidentemente, va avanti per conto suo. Secondo me, ho rimosso dai conti bancari comuni a me e al dottor Worth solo la quota che mi spetta di diritto come moglie, anche meno, in realtà, dato che molte delle nostre proprietà non possono essere trasportate o divise. Sono certa che in sede di divorzio, se si dovesse giungere a questo, i giudici non mi assegnerebbero di meno, e probabilmente di più. Sarei ben lieta di acconsentire alle pratiche di divorzio qualora il suo cliente soprassedesse a termini dolorosi e inappropriati quali “abbandono”, “adulterio” e “furto”, e si rivolgesse a me non in uno spirito di aspra inimicizia ma con sobria e malinconica comprensione, dato che ci apprestiamo a por termine a una unione di lunga durata, e ai cui pregi e fatali difetti abbiamo indubbiamente contribuito in egual misura.

Un’equa divisione delle colpe e dei beni non mi pare un principio così radicale. Anzi, come naturalmente sa qualunque maschio, e ancor meglio lo sanno gli avvocati, la divisione non può mai essere realmente equa, dato che l’uomo conserva le capacità e lo status professionale alla cui acquisizione e conferma la moglie ossequiosa ha sacrificato i suoi anni migliori; lui sarà in grado di trovare rapidamente una via d’uscita a un momento di difficoltà finanziaria, mentre la moglie è finanziariamente menomata per sempre, e a meno che non riesca a concludere il matrimonio con un capitale sufficiente a mantenersi - il che è raro e diventa sempre più raro in un’epoca di giudici misogini e avvocati senza pudore - si ritroverà sul mercato del lavoro come un sacco di vecchia biancheria, adatta solo ai rimasugli dell’ufficio di collocamento.

Mi fa tanta tristezza, signor Gilman, ricevere le sue minacciose missive scritte su quella bella carta da lettere color crema, che reca a caratteri in rilievo i nomi dei suoi giovani soci, i quali senza dubbio guardano a lei come a una sorta di esempio morale, e leggere, tra questi emblemi di pompa e prosperità - i caratteri a rilievo, la filigrana, la deliziosa acquaforte del vostro edificio di Devonshire Street - le squallide minacce di “procedimento giudiziario” ed “estradizione” e “deposizione” e “risarcimento”. So a malapena il significato di queste parole; mi sembra di tornare a lezione di latino.

E mi colpisce dolorosamente che il mio ex marito (perché tale è già per me, irrevocabilmente) abbia la ridicola temerarietà di accusare “danni alla sua salute mentale e alla sua reputazione professionale” dovuti al mio “abbandono” (che io definirei piuttosto un allontanamento pieno di tatto), e di citare per “alienazione degli affetti” l’essere così profondamente ascetico che concede passivamente alla sua straordinaria presenza di emanare una luce divina sui discepoli e che quando vivevo con Charles conoscevo solo come immagine su un poster e voce su un nastro; e, come se non bastasse, abbia l’inaudita sfacciataggine di elencare come



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