Sarabanda. Oratorio in tre tempi per voce sola by Salvatore Veca

Sarabanda. Oratorio in tre tempi per voce sola by Salvatore Veca

autore:Salvatore Veca [Veca, Salvatore]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788807421303
Google: YIHXWt7H7GIC
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2011-04-14T22:00:00+00:00


Che forse la bufera ha stracciato tutte le pagine, la bufera ha disperso le frasi a una a una, ha sezionato i pensieri, forse la bufera ha lasciato solo frammenti e parole stanche, qua e là, nel backstage delle macellerie dei potenti e dei padroni delle vite. E che fine hanno fatto le promesse e le catene di promesse della giustizia e della liberazione umana, solo umana? Perché vi sono state promesse e molti annunci di promesse d’umanità redenta. D’umanità liberata dalle catene. Dalle molte e mutanti catene della crudeltà e del dominio. Che forse la bufera ha cancellato dalle memorie d’umanità le voci dei vinti. Che forse la bufera ha scaraventato nei cimiteri dell’oblio e nelle discariche della cancellazione acida e lunatica le memorie delle fraternità di ribellione e di rivoluzione, e ha inscritto sulle grandi lapidi i fregi di gloria dei nuovi Leviatani, e delle fraternità con terrore. Che su quelle lapidi hanno eraso gli scalpellini servili i mille disegni dell’utopia, hanno cancellato con lo spray i graffiti sapienti e teologici del Geist der Utopie, e hanno cancellato i lacchè con cura diligente e fervida il grande disegno che dall’utopia ingiungeva di passare, senza se né ma, alla scienza della liberazione umana. All’esame scientifico dell’emancipazione dell’essere umano, come essere pienamente, onnilateralmente umano. All’esame della liberazione dalle molte catene, perché il Moro aveva onorato così la massima del suo eroe classico, Epicuro. Infelicità è vivere nella necessità, ma non è necessario vivere nella necessità. E Karl Marx aveva tenuto fisso lo sguardo sulla durezza e la brutalità del mondo, per scorgervi i segni profetici della necessità del regno della libertà, della conquista della storia, dopo la lunga e dolorosa preistoria, i segni di un mondo finalmente umano. I segni profetici della gentilezza e dell’amicizia umana. Ah, Epicuro, Epicuro d’antan!

Ma ora, nel crepuscolo, un sussurro che è l’eco di una voce lontana chiede attenzione al vecchio, che adesso è solo, e si interroga e indaga sulle cose umane e, perplesso e carico di memorie, subisce l’assalto delle domande. L’assalto più crudele, in fondo, che le domande se le pone, deve porsele proprio lui che ora è l’interrogante. Nella solitudine. Viene di là la voce. Di là. Da un punto imprecisato, ma che dev’essere proprio là, ai bordi della prima piaga della carcassa, la più vicina da esaminare dal pontile.



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