Sbornie sacre, sbornie profane by Claudio Ferlan

Sbornie sacre, sbornie profane by Claudio Ferlan

autore:Claudio, Ferlan [Ferlan, Claudio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Antropologia culturale, Intersezioni
ISBN: 9788815339225
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2018-09-14T22:00:00+00:00


Torniamo a George Washington, che nella sua prima discesa nel campo politico non ebbe successo: nel 1755 si candidò per un seggio nell’assemblea della Virginia, ma uscì sconfitto. Due anni dopo ebbe un colpo di genio, paragonabile a quello di lanciare un messaggio attraverso le proprie reti televisive unificate. Investì del proprio e acquistò 144 galloni (545 litri circa) tra rum, punch, sidro e vino. Inviò i propri sostenitori nelle piazze e li spinse a dialogare con l’elettorato offrendo un cicchetto dopo l’altro. Washington fu eletto. Su un altro protagonista dell’indipendenza degli Stati Uniti, Ethan Allen (1738-1789) si raccontarono molte storie, utili a definirne le caratteristiche di guerriero eroico. Una delle sue virtù era la resistenza all’alcol. La leggenda forse più gustosa si deve alla verve narrativa del suo compagno d’arme Remember Baker (1737-1775). Accampatosi per la notte assieme ad Allen, Baker fu svegliato da un rumore e ne riconobbe la terribile fonte: un enorme serpente stava strisciando sul petto del compagno e lo morse ripetutamente. Baker non poté far altro che allontanare il rettile, senza grandi speranze per la salute dell’amico. Si accorse però di qualcosa di strano, il serpente si muoveva disordinatamente, troppo. Poi emise un sonoro rutto e se ne andò: era ubriaco. I due uomini infatti si erano sostenuti nella marcia soprattutto grazie a generosissime dosi di distillato. Allen non si accorse di nulla e, al risveglio mattutino, si lamentò delle zanzare.

Benjamin Rush (1745 o 1746-1812), uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America, in una lettera al secondo presidente John Adams (1735-1826) mise l’accento sulla capillare diffusione delle abitudini alcoliche tra la popolazione, maschile e femminile. E non sembra affatto esagerasse: i coloni bevevano in abbondanza, e lo facevano pure i bambini. Non solo, preferivano quelli oggi chiamati superalcolici come il rum, il whisky, il gin e il brandy, la cui gradazione media arrivava ai 45°, non proprio il vino annacquato della tradizione latina. La predilezione per il rum in particolare aveva caratterizzato le vie dell’ebbrezza nelle colonie dell’Atlantico settentrionale fin dai primi anni del Settecento. Come appropriatamente annotava anche Rush, la sua alta gradazione aveva contribuito ad aumentare in maniera considerevole i casi di ubriachezza e, di conseguenza, le preoccupazioni dei garanti dell’ordine pubblico, minacciati da chi si sbronzava bevendo meno e a buon mercato. Certo, i fermentati non erano finiti nell’oblio e pure sidro, vino e birra comparivano sovente sulle tavole dei primi euroamericani. La preoccupazione di Rush era propria pure di persone della caratura di George Washington, impegnato però attivamente nella distillazione del whisky, e Thomas Jefferson (1743-1826), terzo presidente degli Stati Uniti. A cadere nella trappola alcolica furono anche uomini di Dio, per esempio il reverendo Thomas Palmer (1665-1713) che nel 1718 serviva come ministro nella chiesa di Middlesboro (Massachusetts). La sua condotta «scandalosa», legata alle frequenti sbornie, gli costò la sospensione dal ministero e l’esclusione dalla comunione. Riuscì a riguadagnare la propria reputazione, almeno in parte, e rimase in città come assistente del medico, ma non sappiamo se riconquistò anche il posto sull’altare e se smise di bere.



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