Sei lezioni sulla città by Guido Martinotti

Sei lezioni sulla città by Guido Martinotti

autore:Guido Martinotti [Martinotti, Guido]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2017-10-02T08:29:39+00:00


Quarta lezione

Le disavventure del bardo urbano

La letterarizzazione del discorso sulla città

Ci sono molti modi legittimi per affrontare il problema del rapporto tra l’entità studiata e osservata e l’osservatore, e la loro legittimità dipende in larga misura dall’intento dell’osservatore.1 Un sostegno significativo alla distinzione che ho introdotto qui tra letteratura e scienza sociale viene proprio da un letterato di valore come Mario Praz in un testo vecchiotto, ma così dimenticato che vale la pena di ricordarlo.2 “Ah, il demone dell’analogia!” lamenta Praz, che da fine letterato ci avverte dei rischi dell’impiego sconsiderato di questo potente strumento dell’intelletto. “Non sarà il solo caso in cui una virtù, trasferita in un campo non pertinente, diventa un incomodo o un vizio, ma certo quello del demone dell’analogia è un esempio estremo di codesta estrema ambivalenza”, che Praz, con straordinaria finezza, paragona ai pesci tropicali che, squisiti se pescati in mare aperto, risultano velenosi se catturati pochi metri più in là, ma all’interno della laguna corallina. Praz ci insegna che “il mondo del poeta è tutto un generarsi e decomporsi d’immagini sotto l’assillo del demone dell’analogia che crea e insieme distrugge”, ma “una fata maligna dia invece il dubbio dono dell’associazione per analogia a un uomo che non sia un poeta, e ne seguiranno i malintesi più strani per cui quel tapino si esporrà alle figure più imbarazzanti e ridicole”. Non si potrebbe dire meglio né trovare un migliore esempio dei rischi cui si espone chi non rispetta la specificità delle lingue e si picca di fare scienza mentre sta solo facendo cattiva letteratura. Certo siamo tutti a rischio, l’analogia è veramente un demone insidioso, ma la disciplina del ricercatore scientifico dovrebbe essere sufficiente a mettere in guardia contro i cedimenti in questo senso, e fa specie che sia un letterato (vero) a doverlo insegnare a chi per mestiere questo demone dovrebbe aver esorcizzato nel corso della sua preparazione. Va da sé che l’analogia è entrata di prepotenza nel linguaggio della frase incisiva, e ci sono esempi illustri che vanno dalla saggezza popolare dei proverbi di Nikita Chruščëv a Pier Luigi Bersani, che è un vero recordman dell’analogia, tanto da poterlo forse catalogare tra i poeti; ma anche tra i politici il demone dell’analogia può sferrare devastanti colpi di coda. Ne sanno qualcosa Mussolini3 con le reni della Grecia, Bossi con il Trota e Berlusconi con il bunga bunga.

La risposta caldamente raccomandabile alle sottili tentazioni di questo demone mi pare una sola: usare l’analogia il meno possibile e possibilmente mai. Purtroppo, da questo punto di vista, molti dei miei colleghi sociologi, soprattutto tra quelli che si definiscono sociologi generali (che sarà mai la sociologia generale, mi chiedo talvolta) ma che io penso siano il più delle volte solo sociologi generalisti, quando non generici, cedono all’incanto in parte per accontentare i media, in parte perché credono di fare i filosofi, ma sono solo dei letterati mancati e, sempre secondo Praz, dei tapini.

Un altro modo per evitare le trappole dell’estetismo verbale spinto è quello di rifarsi spesso ai classici della materia.



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