Sentieri metropolitani. Narrare il territorio con la psicogeografia by Gianni Biondillo

Sentieri metropolitani. Narrare il territorio con la psicogeografia by Gianni Biondillo

autore:Gianni Biondillo [Biondillo, Gianni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2022-10-17T22:00:00+00:00


2.

Dopo che Duchamp aveva portato gli oggetti quotidiani dentro i musei, c’era da parte degli artisti del secondo Novecento il desiderio di uscirne, evitando l’idea di un’arte pubblica monumentale, cercando nuovi paesaggi e nuove modalità espressive.

Nel 1966 Tony Smith fa un viaggio su un’autostrada in costruzione nella periferia di New York. Un on the road che poi racconterà su Artforum. Rimetto in ordine gli elementi, laddove non si fosse capita la peculiarità dell’esperimento: uno scultore che fa di un viaggio una narrazione su una rivista d’arte visiva. Per molta storiografia è l’atto di fondazione, la data di nascita della land art.

Qual è, o dov’è l’opera d’arte? È la strada l’opera d’arte? O è l’aver deciso di attraversarla con una consapevolezza estetica? È, dadaisticamente, un ready made? Il segno tecnico, il manufatto sordo, pratico, assume dignità proprio perché visto come fosse la prima volta? Sta in quel fragile rapporto fra il reale, l’intorno, il concreto e l’esperienza che se ne ricava?

Come ho già scritto, grazie ai situazionisti camminare diventa un’attività artistica autonoma, un’opera estetica in sé. Molti artisti, non appartenenti all’internazionale situazionista, che si sono interessati a questa evoluzione del concetto di arte erano, di formazione, scultori che cercavano di uscire dalle gabbie dei musei, delle gallerie. Che cercavano di espandere il concetto stesso di scultura, nel mondo. Prima la scultura era scesa dal piedistallo, ora doveva uscire per strada.

Carl Andre, ad esempio, che realizza oggetti essenziali, minimali, che indicano o sembrano un percorso. Come l’artista stesso afferma, le sue opere «sono in qualche modo delle strade – vi obbligano a seguirle, andarci intorno oppure a salirci sopra». Oppure Richard Long, che estremizza il concetto, quasi al punto da escludere l’opera, dato che la sua arte, come diceva, consiste nell’atto stesso di camminare. Come opportunamente scrive Careri: «Con Long si è passati dall’oggetto all’assenza dell’oggetto. Il percorso erratico ritorna ad essere una forma estetica nel campo delle arti visive». L’esempio più eclatante dell’artista inglese è un’opera del 1967: A Line Made by Walking. In pratica una linea retta nel paesaggio creata semplicemente calpestando l’erba. Nulla di più. Ad ogni passo l’erba viene pigiata sul suolo, crea una discontinuità. Sembra l’inizio di ogni sentiero umano, il ritorno alle origini nomadiche. Opera ambiziosa per le dimensioni, modesta per la realizzazione. L’artista sa che dopo la performance l’opera, per la natura stessa dei materiali, l’erba che cresce, il vento che la muove, è destinata a sparire; quindi, tutto ciò che ci resta a testimonianza sono le fotografie dell’evento. Un qui e ora che ci rimanda a un lì e allora. È il gesto l’opera, la fotografia è, come nei quadri di Pollock, una registrazione, un diario, un resoconto per noi posteri. Ciò che vediamo nella foto non c’è più. Né l’artista mentre la mette in atto, né il segno dell’opera sul territorio. Rudi Fuchs paragona l’opera di Long al quadrato nero di Malevič. Siamo cioè di fronte a «una fondamentale interruzione nella storia dell’arte».

In pratica, l’arte ricomincia (un’altra volta) daccapo. Non basta più uscire



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.