Stalin by Robert Conquest

Stalin by Robert Conquest

autore:Robert Conquest [Conquest, Robert]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2023-01-31T12:00:00+00:00


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Stalin aveva saputo della carestia nelle sue primissime fasi, quando si sarebbe ancora potuto evitarla, da una fonte a lui vicina. Sua moglie Nadežda, annoiata dalla vita familiare, era stata autorizzata a seguire dei corsi di produzione tessile all’accademia industriale. Lì, da altri studenti che erano stati inviati in missione come attivisti nella raccolta dei cereali, apprese della terribile situazione dell’Ucraina, dei sequestri, dei bambini affamati, del cannibalismo. Lo riferì a Stalin e scoppiò un violento litigio. Gli studenti che dando informazioni a Nadežda speravano di arrivare a Stalin e di commuoverlo furono arrestati.

Pochissimo tempo dopo, l’8 novembre 1932, dopo i festeggiamenti per l’anniversario della rivoluzione, i Vorošilov diedero un pranzo al Cremlino.

Stalin fu insopportabilmente scortese con Nadežda. Esistono svariate versioni leggermente diverse dell’episodio, ma secondo la più mite le gridava «Ehi, tu!» ordinandole di bere. Secondo un’altra versione, le buttò addosso una sigaretta accesa, che le finì sul vestito. In ogni caso, Nadežda si alzò e se ne andò. La sua amica Polina, moglie di Molotov, la accompagnò a piedi fino al suo appartamento al Cremlino, e la lasciò ormai relativamente calma. Ma durante la notte Nadežda si sparò, lasciando un biglietto a Stalin il cui contenuto, sebbene sotto molti aspetti personale, era «parzialmente politico».

Verso la fine del 1989 a Mosca sono state pubblicate nuove informazioni su quella notte, contenute in una parte delle memorie di Chruščëv fino ad allora censurata. Dopo la morte di Stalin, il capo della sua scorta Nikolaj Vlasik, da lungo tempo al suo servizio, fu interrogato sulla vicenda. Vlasik affermò che, dopo mangiato, a una certa ora Nadežda aveva telefonato chiedendo dove fosse Stalin. Non era tornato all’appartamento del Cremlino, si trovava invece nella dacia «vicina». Lei aveva chiesto con chi fosse, e l’ufficiale in servizio, a buon motivo definito da Vlasik uno stupido zuccone, le aveva risposto: «La moglie di Gusev». Erano sempre circolate delle voci su certe attività extraconiugali di Stalin. Molotov afferma che Nadežda era gelosa, per esempio, di una barbiera incaricata di rasarlo. Forse quell’ultimo incidente fu l’estrema umiliazione che la indusse al suicidio.

Quando Stalin tornò all’appartamento era profondamente scosso. Nadežda prima fu esposta nell’edificio limitrofo alla Piazza Rossa che ora è un dipartimento dei grandi magazzini GUM. Quando Stalin andò a visitare il feretro lo videro fare un gesto di ripulsa, e gli sentirono dire: «Mi ha lasciato da nemica!». Fu l’unica occasione in cui gli videro gli occhi pieni di lacrime. Ma le sue frequenti visite alla tomba nel cimitero di Novodevic’e sono una leggenda.

Stalin imputò il suicidio almeno in parte al romanzo di Michael Arlen, Il cappello verde, che Nadežda stava leggendo, e in cui si sprecano i suicidi compiuti da persone che conducono vite senza senso.

Ma anche se Arlen era di origine armena, Stalin non si pose in alcun modo la questione di un’eventuale ritorsione, e a quanto pare questo pensiero lo toccava in modo assai limitato. Più in generale, considerava il suicidio un ulteriore segnale e simbolo della presenza pervasiva del «nemico». Rappresentava anche un’enorme sconfitta personale.



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