Stirpe by Marcello Fois

Stirpe by Marcello Fois

autore:Marcello Fois [Fois, Marcello]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
pubblicato: 2009-08-30T22:00:00+00:00


Gavino li ha sentiti discutere. Come gli capita sempre più spesso si è coricato sul letto di suo fratello. Non sono ancora le otto e lui già è pronto a dormire.

Sotto al cuscino ha messo la busta sigillata che Josto Corbu gli ha consegnato. C'è una decisione da prendere. Chiude gli occhi quasi si aspetti di chiudere fuori anche i pensieri. E invece no. Ha sentito Mercede e Michele Angelo discutere, ma ora c'è silenzio. E non sa che cosa gli faccia più paura. Comunque questo è quello che succede nella vita, pensa: c'è una bestia che dorme e che, d'improvviso, si sveglia. Fa tremare la terra mentre si scrolla di dosso anni di sonnolenza, genera terremoti col suo passo pesante e lascia dietro di sé orme che sembrano crateri. E quella che sembra pace non è altro che una sosta tra un rovescio e l'altro. Ora per esempio, la luce è la stessa, l'ora è la stessa, il letto è lo stesso. È lo stesso il respiro mefitico della bestia che si desta. Di quale bestia si tratti è difficile da dire, non ha una razza certa, non compare in nessun manuale di zoologia. Lui, fin da bambino, se la figura come un cinghiale e come un orso insieme, anche se dell'orso non ha esperienza diretta. Ma questa qualità indefinita è quanto concorre a renderla terribile. La bestia non bestia, indescrivibile, ma quantificabile; che non ha voce, ma respiro; che non ha corpo, ma peso. Un nulla che lascia tracce. A Gavino fa spavento soprattutto l'idea che divori con un risucchio, che mastichi senza denti e ci tenga a lasciarti in vita mentre ti ingoia. E magari, semplicemente - ma se ne rende conto solo ora -, quella bestia fluida non è nient'altro che l'immagine di se stesso, della sua inconsistenza.

Gavino non sa piangere, non ha mai saputo piangere. Ma non certo perché lo consideri un atto di debolezza. È proprio che non sa fare quel gesto: sa cosa vuol dire, sa da dove scaturisce, ma è come se ci fosse una diga tra sé e il suo pianto. Eppure non significa che non capisca qual è il limite estremo della felicità o dell'infelicità che sempre si toccano, senza mai travasare l'una sull'altra. Ha guardato Josto Corbu, l'ha sentito farfugliare il suo racconto con la bava che gli colava dalla bocca deforme; ha sentito l'odore acre della sua carne martoriata. E non ha pianto. Ora ha un destino su cui ragionare, e il potere di far travasare una piena d'infelicità sulla calma presunzione di normalità. E può assistere, addirittura provocare, il risveglio della bestia. Basta alzarsi e andare in cucina e dire: Smettete di cercare, Luigi Ippolito è vivo e morto. Basta mostrare una busta e dire: Eccolo qui vostro figlio scomparso, nudo davanti a voi, perduto in se stesso.

Non piango, si dice Gavino, io non piango.

La busta sotto al cuscino sembra fremere dall'attesa di liberare il suo contenuto.

Michele Angelo si taglia un pezzo di salsiccia e bagna un po' di pane carasau.



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