Storia passionale della guerra partigiana by Chiara Colombini

Storia passionale della guerra partigiana by Chiara Colombini

autore:Chiara Colombini [Colombini, Chiara]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2023-01-15T00:00:00+00:00


Odio

Consapevole, acuta e lucida nell’analizzare la propria disperazione, Enrica Filippini Lera coglie che il dolore avrebbe potuto portarla a odiare e capisce che questo l’avrebbe stravolta, facendole «perdere il senso di umanità». Non sempre l’odio nasce dal dolore: l’arbitrio e la prevaricazione imposti dall’occupazione possono bastare a suscitarlo, così come la contrapposizione ideologica e la volontà di ribellione. E la natura della guerra civile, che lacera nel profondo e trasversalmente le comunità suscitando un “di più” di furore e di violenza, fa il resto33. Ma la sofferenza subita o quella cui si è costretti ad assistere contribuiscono a spiegare almeno una radice dell’odio e soprattutto i meccanismi con cui si diffonde. La riflessione di Enrica è personale e non tutti possiedono gli strumenti culturali, o la sensibilità, per interrogarsi e osservarsi così a fondo. Di sicuro, però, l’odio in mezzo a una guerra tanto cruda è un convitato di pietra: per molti un compagno di cui nemmeno ci si accorge, tanto è normale; per altri un «impulso irrefrenabile»34 o persino un alimento che dà sostegno e fa andare avanti; per qualcuno un frutto avvelenato da respingere con ribrezzo. Ma anche chi lo rifiuta, proprio perché lo fa, conferma che è parte integrante dell’orizzonte mentale di quei mesi, individualmente e collettivamente.

Ne è un esempio la posizione in cui vengono a trovarsi i partigiani delle formazioni di orientamento cattolico. Come ha scritto ancora Giorgio Vecchio, dopo la partecipazione alla guerra nel 1915-1918 e poi nel 1940-1943 – in obbedienza all’autorità costituita e sulla scorta di forti sentimenti patriottici – al momento dell’armistizio per i cattolici non c’è, «salvo eccezioni, un rifiuto pregiudiziale» della possibilità di prendere le armi, e «pacifismo e obiezione di coscienza [sono] concetti inesistenti»35. C’è però la chiara volontà di marcare la propria differenza, specialmente nei confronti dei comunisti, definendo un modello preciso dell’impegno nella Resistenza di chi si richiama al magistero della Chiesa, elaborato nel corso della lotta e rilanciato in seguito nel clima esasperato della guerra fredda36. E in tutto ciò il perno è proprio l’odio. Il partigiano cattolico – secondo lo studio approfondito di questo modello condotto da Alessandro Santagata – non deve astenersi dal combattere, ma deve farlo «senza odio», impiegando «le armi principalmente come uno strumento di deterrenza e cercando di limitare al minimo la violenza», rivendicando anzi questa condotta come strategia e prova di capacità militare. Rifiutare l’odio per il nemico significa anche respingere o quantomeno contenere la guerra fratricida, per insistere invece soprattutto su una guerra di liberazione condotta in difesa della patria37.

Se combattere senza odiare è cruciale per chi ricerca una legittimazione anche religiosa e spirituale del proprio impegno, la questione di per sé è teorica (con o senza odio, si può uccidere e si uccide comunque), ma ha una ricaduta sul terreno militare. L’intento di «“umanizzare” la lotta, evitando gli spargimenti di sangue», quando non indispensabili, incide infatti sulle decisioni che si impongono a ogni formazione: intraprendere un’azione o meno, e in quale momento, considerando le eventuali



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