Storia sentimentale del telefono by Bruno Mastroianni

Storia sentimentale del telefono by Bruno Mastroianni

autore:Bruno Mastroianni [Mastroianni, Bruno]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, General, Media Studies
ISBN: 9791259810786
Google: X1mbEAAAQBAJ
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2022-11-10T08:19:21+00:00


Capitolo 6

Un gesto vale

più di mille parole?

Mentre scendo le scale per uscire dall’ufficio, incontro una collega che mi saluta con affetto e inizia a intessere una di quelle conversazioni occasionali e dinamiche, quelle che si fanno quando due percorsi in movimento si incrociano. Mi dice: «Come stai? Adesso di cosa ti occupi? Io sono sempre di corsa…». Poi, d’improvviso, mentre ancora sta parlando, si interrompe, cambia espressione e con un «Vabe’, ciao!» tranchant e stizzito, fa come per andare avanti per la sua strada. Rimango sorpreso e deluso, quindi la afferro quasi per un braccio per trattenerla: ero davvero interessato alla conversazione.

Cos’era successo? Durante quella discesa per le scale aveva iniziato a suonare il mio telefono. O meglio: aveva iniziato a vibrare il mio smart­phone dentro la tasca dei pantaloni. Quella notifica trepidante e silenziosa si era trasferita anche sullo smartwatch e, mentre ancora ascoltavo le parole della collega, avevo guardato l’orologio, toccato il tasto verde sullo schermo e la connessione si era automaticamente traferita al mio auricolare bluetooth senza fili, mimetizzato nell’orecchio sotto una folta basetta. Avevo risposto: «Ora non posso parlare…», una delle frasi classiche che abbiamo visto essere entrate nel corredo delle affermazioni da telefonata in movimento, con l’intento di attaccare e continuare a seguire i discorsi che la collega mi stava facendo. Il problema è che lei, dall’altro lato, non aveva affatto visto quello che avevo vissuto io.

Ai suoi occhi la scena era apparsa completamente diversa. Mi aveva incontrato, aveva iniziato a fare con me due chiacchiere in movimento, ma improvvisamente aveva notato che guardavo l’orologio e le dicevo «Ora non posso parlare…». Aveva interpretato quel gesto come un segnale di mancanza di tempo, confermato dalle parole che sancivano il mio non potermi intrattenere nella conversazione. Un fallimento completo a tutti i livelli della comunicazione.

Prima di tutto nella gestualità: un essere umano che guarda l’orologio durante un’interazione non può che voler dire che ha poco tempo. Poi nelle parole: «Ora non posso parlare…», una frase che non ammette molte altre interpretazioni. Infine, nelle intenzioni: la mia collega ha dedotto che mi rivolgevo a lei, visto che attorno non c’era nessun altro, né telefoni visibili o squillanti e non poteva scorgere l’auricolare nascosto sotto la mia capigliatura, posizionato tra l’altro nell’orecchio opposto alla sua visuale.

È così che la tecnologia smartphonica «portata addosso» si è innestata nelle nostre abitudini di comunicazione umane, complicando le interpretazioni di ciò che stiamo facendo. Tutto è cominciato con quella progressiva miniaturizzazione dei dispositivi telefonici e la loro liberazione dal vincolo dello spazio: il passaggio dal telefono fisso al mobile che abbiamo visto aver prodotto un capovolgimento di scenario. Il telefono non più oggetto collocato in un preciso punto della casa, dell’ufficio o della città, che deve essere raggiunto per essere usato, ma un dispositivo compatto e senza fili portato sempre in tasca o in borsa, compagno di vita irrinunciabile di ogni essere umano.

In quel cammino una svolta importante la provocò l’introduzione della tecnologia Bluetooth. Mi ricordo che il mio primo cellulare che dava questa possibilità era un Ericsson.



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