Storia Sociale Dell'arte by Arnold Hauser

Storia Sociale Dell'arte by Arnold Hauser

autore:Arnold Hauser [Hauser, Arnold]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788806160159
editore: Einaudi
pubblicato: 2014-11-22T16:00:00+00:00


Capitolo secondo - Il nuovo pubblico della letteratura

Nel Settecento la funzione di guida intellettuale passa dalla Francia all’Inghilterra, piú progredita nel campo economico, sociale e politico. Di qui verso la metà del secolo parte il grande movimento romantico, ma già l’illuminismo riceve di qui l’impulso decisivo. Gli scrittori francesi dell’epoca scorgono nelle istituzioni inglesi la quintessenza del progresso, intessendo intorno al liberalismo inglese una leggenda a cui la realtà corrisponde solo in parte. Il prevalere dell’Inghilterra sulla Francia nell’egemonia culturale va di pari passo con la decadenza della monarchia francese dal primato politico in Europa: cosí la storia del secolo xviii è dominata dall’ascesa dell’Inghilterra nel campo politico, come in quello artistico e scientifico. L’indebolirsi dell’autorità regia, che in Francia si conclude con la caduta della monarchia, si risolve, in Inghilterra, in un fattore di potenza, in quanto qui ceti intraprendenti, che intuiscono le linee maestre dello sviluppo economico e vi si adeguano, sono già pronti ad assumere il potere. Il Parlamento, che ora è libera espressione delle aspirazioni politiche di questi ceti, e costituisce la loro arma piú forte contro l’assolutismo, aveva appoggiato i Tudor nella lotta contro la nobiltà feudale, il nemico straniero e la Chiesa romana, poiché le classi medie commercianti e industriali rappresentate in Parlamento, come anche la nobiltà liberale, ormai coinvolta nell’attività commerciale della borghesia, avevano riconosciuto in quella lotta un aiuto per giungere ai loro propri scopi.

Fin verso la fine del Cinquecento, fra la monarchia e questi ceti durò una stretta comunione d’interessi. Il capitalismo inglese era ancora in una fase primitiva, avventurosa, e volentieri i mercanti partecipavano a imprese di pirateria insieme con uomini di fiducia della Corona. Le vie si divisero solo quando il capitalismo cominciò a seguire metodi piú razionali e la Corona non ebbe piú bisogno dell’aiuto della borghesia contro la nobiltà ormai piegata. Gli Stuart, incoraggiati dall’esempio dell’assolutismo continentale e confidando nell’alleanza del re di Francia, si giocarono con leggerezza la fedeltà delle classi medie e l’appoggio del Parlamento. Riabilitarono l’antica nobiltà trasformandola in nobiltà di corte e assicurando nuova potenza a questo ceto a cui erano legati da sentimenti piú forti e interessi piú costanti che non alla borghesia e alla nobiltà liberale, antico sostegno dei loro predecessori. Fino al 1640 la nobiltà feudale godette notevoli privilegi e lo stato non solo curava la stabilità dei possessi fondiari, ma cercava di assicurare ai grandi proprietari terrieri parte dei profitti nelle imprese capitalistiche, per mezzo di monopoli e di altre forme di protezionismo. Ma appunto questa prassi tornò a danno del sistema. Le classi economicamente produttive, nient’affatto disposte a dividere i loro utili con i favoriti della Corona, protestavano contro l’intervento statale e lo facevano in nome della libertà e della giustizia, continuando poi a strombazzare tali parole d’ordine anche quando si furono assicurati i maggiori privilegi economici.

Come osserva Tocqueville, non c’è quasi problema politico che non sia connesso con la richiesta o l’approvazione d’imposte. In Inghilterra queste dominavano la vita pubblica fin dal Medioevo, e nel Seicento furono la causa immediata dei moti rivoluzionari.



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