Storia vera e non vera di Chaim Birkner by Omer Meir Wellber

Storia vera e non vera di Chaim Birkner by Omer Meir Wellber

autore:Omer Meir Wellber [Wellber, Omer Meir]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2021-09-14T22:00:00+00:00


12

Il periodo della gravidanza fu duro. Praticamente non vidi Jael fino alla nascita di Sharon. All’inizio veniva a trovarmi ogni tanto a Tel Aviv, ma poi gliene mancò la forza. Andai qualche volta di nascosto nel kibbutz e quando mi chiamarono per dirmi che stavano portando Jael all’ambulatorio partii in fretta e furia. Non arrivai in tempo per il parto, ma un paio d’ore dopo. Non mi lasciarono vedere subito Sharon, così andai innanzitutto nella stanza di Jael. Aveva un aspetto magnifico, sembrava la persona più sana della terra. Luminosa e raggiante. La malattia che già bruciava nelle sue vene se n’era andata per un paio di giorni, come un vecchio attore che lascia la scena alla nuova stella che è stata appena annunciata, ben sapendo che il suo ritorno sarà imminente. Vedendomi scoppiò in lacrime e ci abbracciammo forte. Qualche minuto dopo arrivò l’infermiera con Sharon. Era una neonata bellissima, ma in quel momento mi attraversò la mente il pensiero che sarei stato pronto a rinunciare a lei se avessi dovuto scegliere fra Jael e la bambina. Non avrei dovuto mettere al mondo una creatura, mio padre aveva ragione. Il suo odore di urina, dopo la testimonianza in tribunale, mi era salito nel naso, diventando sempre più forte finché non l’avevo più retto ed ero corso in bagno a vomitare.

«Sta bene?» mi chiese da fuori l’infermiera.

«Chaim? Cosa succede?» gridò Jael dal letto.

«Tutto a posto, un minuto solo. Mi è venuta una nausea improvvisa».

Gli attacchi di vomito di Jael divennero sempre più frequenti. A volte restavamo svegli l’intera notte perché fra il pianto di Sharon e gli attacchi di Jael non valeva la pena riaddormentarsi.

«Credi davvero che debba dormire con noi? Non starebbe meglio in un’altra stanza?» chiesi dopo il nostro ritorno a casa.

«Perché? Così posso alzarmi più facilmente per lei». Era chiaro che il nostro appartamento era troppo piccolo per tre persone.

«Sì, ma forse imparerebbe che non possiamo correre da lei per ogni strillo. Altrimenti diventerà troppo viziata, e fra un paio di settimane andrà comunque nella Casa dei bambini».

«Ma è nata appena tre giorni fa. Penso che possiamo aspettare un paio di settimane prima di preoccuparci per il suo carattere».

«E va bene, se sarà troppo viziata la restituiremo. Dove hai detto che l’hai comprata?».

«Tu e le tue battute. Basta. Escluso cambiarla. È tua per sempre». Jael allattava Sharon e sorrideva, ma mi colpì che avesse detto tua e non nostra per sempre.

«Ti ho mai raccontato di quando io e mio padre abbiamo salvato due rotoli della Torah dalla sinagoga abbandonata?». Mi sedetti accanto a lei sul tappeto e appoggiai la schiena all’armadio.

«Dai, adesso non inventare storie solo perché non sai fare altro».

«No, è una storia vera. Te lo giuro». Tracciai ridacchiando una croce nell’aria, e lei rise.

«Be’, tutto è cominciato al mattino. Avevo forse dieci anni. Siamo usciti di casa per procurarci qualcosa da mangiare, avevamo un paio di cose di valore da barattare, e nonostante tutto c’era ancora un mercato nero nel quartiere. Arrivati alla sinagoga mio padre ha detto: andiamo dentro a dire buongiorno.



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