Suonala ancora, Bertie by McCall Smith Alexander

Suonala ancora, Bertie by McCall Smith Alexander

autore:McCall Smith, Alexander [McCall Smith, Alexander]
La lingua: ita
Format: epub
editore: TEA
pubblicato: 2024-09-16T22:00:00+00:00


42. Anna prende il timone

Entrarono nella stanza dei bambini, che era stata preparata per i nuovi arrivati solo a metà: due muri erano stati dipinti negli accesi colori primari dell’infanzia e decorati con fotografie e immagini gioiose, mentre gli altri due, che erano i progetti incompiuti di Matthew, erano ancora di quell’azzurrino color uovo di pettirosso e con fotografie incorniciate, lasciate lì dai proprietari precedenti, di ritratti paesaggi del parco nazionale delle Trossachs.

Sotto la finestra, perfettamente allineate, c’erano le tre culle in cui dormivano i bambini.

Dei due che si erano appena svegliati, uno piangeva e l’altro era sdraiato sulla schiena a fissare il soffitto. Anna attraversò la stanza e si chinò per prendere in braccio il piccolo in lacrime.

«È bellissimo», disse. «Non piangere, piccolino.» Poi si voltò verso Elspeth e chiese: «Lui chi è?»

Elspeth sospirò; l’idea di sentirsi porre quella domanda la terrorizzava già da diversi minuti. Cosa avrebbe pensato Anna di una madre che non sapeva nemmeno più distinguere i propri figli l’uno dall’altro? Cosa avrebbe pensato della Scozia? «Ho paura di non averne idea», balbettò. «Cioè, non lo so per certo...»

Anna sorrise. «Li avete mischiati?»

Il tono non era affatto accusatorio, così Elspeth rispose sinceramente e anche con sollievo. «Matthew gli ha tolto i braccialetti identificativi», chiarì. «In quel momento non si è reso conto...»

Il sorriso di Anna si allargò ancora di più. «Dev’essere molto facile commettere un errore del genere, in queste circostanze», concesse. «Spero che tu non te la sia presa troppo.»

«Certo che no», rispose prontamente Elspeth. Ed è vero, pensò. Ero troppo stanca per arrabbiarmi davvero, o anche solo per reagire in qualsiasi altro modo, in effetti.

«Allora adesso bisogna decidere chi è chi», stabilì Anna. «Fatto questo, io conosco un metodo per non confonderli più.» Accarezzò dolcemente la guancia del piccolo. «Chi ti piacerebbe che fosse lui?» chiese.

«Rognvald», disse Elspeth. «O forse...» Ma non fece in tempo a ripensarci.

«Rognvald gli sta benissimo», disse Anna. «Va bene, Elspeth, ora tienilo un secondo in braccio e facciamo in modo che da ora in poi rimanga per sempre Rognvald.»

Elspeth obbedì. Che strano, pensò. Non ho più paura di tenerlo in braccio. Ora che c’era Anna si sentiva più serena, più sicura; Rognvald non era più una minaccia.

Anna uscì dalla stanza e tornò pochi istanti dopo con due boccette. «Le avevo con me nello zaino. Smalto per unghie.» Aprì una delle due boccette e svitò il tappo a pennellino. «Perfetto», continuò. «Scopriresti le dita dei piedi di Rognvald? Penso che basti il destro.»

Elspeth obbedì e sfilò il microscopico calzino destro di Rognvald. Che piede minuscolo, pensò. Così piccino e rosato.

Anna sfiorò le dita del bimbo. «Che perfezione. E l’hai fatto tu, Elspeth. Non è un miracolo?»

Elspeth guardò quelle dita e provò il desiderio di ricominciare a piangere, tanto che sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime. Ma stavolta era gratitudine, sollievo, amore.

«Ecco fatto, tesoro», disse Anna applicando una gocciolina di smalto rosso sulle unghiette del piccolo. «Rognvald ha le unghie rosse. R e R. È anche facile da ricordare. E adesso passiamo al secondo.



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