Ti chiami Lupo Gentile by Luisa Mattia

Ti chiami Lupo Gentile by Luisa Mattia

autore:Luisa Mattia
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR Rizzoli
pubblicato: 2018-07-14T16:00:00+00:00


Il bambino piangeva. Singhiozzi forti, intermittenti. Guardava quello che il fuoco s’era mangiato e tirava su col naso, timoroso. Il coraggio di avvicinarsi a quella desolazione non ce l’aveva proprio. Il padre, Amedeo, stava là in mezzo, tra vetri rotti e frigorifero squagliato. Salutò con una stretta di mano veloce un trio di poliziotti dopo aver firmato un foglio. Gli uomini si allontanarono e lui si mise le mani nei capelli. Zitto. Non parlava.

Il figlio gli s’avvicinò, cauto. Tra legni bruciati e vetri, distinse un lembo di un foglio.

«In mezzo a tutto ’sto macello magari s’è salvato il disegno tuo» mormorò il padre.

Allungò la mano a recuperarlo.

«Macché. C’è rimasta solo la coda del cavallo marino…»

Mostrò i resti al bambino e quello, come fosse un tesoro, se lo prese tra le mani.

«Manca solo la testa. Si vede ancora la roccia e il blu del mare.»

«Non è andata così male, eh?» lo consolò.

Il bambino tirò su col naso.

«Eh, poteva anda’ peggio.» E gli sorrise, con una smorfia buffa.

«Mo’ ce ne torniamo a casa, eh, Paole’?»

«Non la possiamo da’ un’aggiustatina?»

Amedeo scosse la testa.

«Mi sa di no.»

Li interruppe il richiamo di un uomo. Alla sua vista, Amedeo sorrise.

«Va’ a giocare un po’, ché devo parlare con questo amico mio.»

Il bambino obbedì e s’avviò, disegno in mano, verso i frangiflutti.

Là, dietro a un masso, se ne stava Claudio.

Stava lì da un po’. S’era nascosto quando aveva visto i poliziotti.

«Hai visto che è successo?»

«Che è successo?»

«Il fuoco. Ha bruciato tutto.»

«E che dice papà?»

«Dice che il chiosco lo rifà.»

«Ah, così dice…»

«Io pure rifaccio il disegno mio…»

Mostrò a Claudio il foglio bruciacchiato.

«Sei bravo.»

«Un po’.»

Claudio notò in un angolo del foglio la firma del bambino. “Paulo” c’era scritto.

«Non sei bravo a scrivere, però.»

«E chi lo dice?»

«Questo.»

Gli indicò il nome.

«Manco il nome tuo scrivi bene!»

«È così il nome mio. Paulo.»

«E che sei, brasiliano?»

«No. Romanista.»

«Cioè?»

«Paulo Roberto Falcao» compitò. «Ne sai niente?»

«E certo che lo so! Ma che, niente niente papà tuo c’ha la fissa de Falcao?»

«’na fissa, proprio!»

Claudio guardò ciò che restava del chiosco.

Gli uomini accanto ad Amedeo erano due, adesso. Uno lo riconobbe. Era un tipo che da un po’ s’era messo in testa di organizzare i commercianti del lungomare. E andava pure in televisione a chiacchierare di unità contro il pizzo, o il racket delle sedie a sdraio, come lo chiamava lui. Ecco perché Amedeo faceva tanto lo spavaldo. S’era messo con quei fanatici…

Lo vide salutare con un abbraccio fraterno i due uomini, poi voltarsi a cercare il figlio.

Riconobbe Claudio e gli passò un’ombra sul viso.

«Vieni qua!» strillò rivolto a Paulo.

Il bambino obbedì all’istante.

«Vieni pure tu!» gli disse.

Claudio lo seguì, tenendosi a distanza. Gli piaceva l’idea di trovarsi faccia a faccia con Amedeo, scrutargli il viso per vedere se c’era, stavolta, la paura, da qualche parte, a fare capolino.

Non c’era quel timore che Claudio era abituato a vedere sulla faccia degli altri.

C’era invece come un buio che gli faceva una ruga profonda sulla fronte e gli scuriva gli occhi.

«Lo rifacciamo il chiosco, vero, papà?»

«Sì che lo rifacciamo. Più bello.»

«E se torna il fuoco?»

Amedeo ebbe un attimo di esitazione nel rispondere.



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