Troppo fiera, troppo fragile by Signorini Alfonso

autore:Signorini Alfonso
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biografia
ISBN: 9788804571841
editore: Mondadori
pubblicato: 2007-07-31T16:00:00+00:00

Alla conquista del Metropolitan

In volo per New York, mercoledì 3 ottobre 1956

Era in aereo. Le piaceva da impazzire. Mentre Titta russava sonoramente al suo fianco, lei adorava guardare le nuvole fuori dal finestrino, che assumevano a causa delle correnti le forme più bizzarre. Ogni tanto strizzava gli occhi, convinta che prima o poi avrebbe visto qualche anima rincorrersi tra le nuvole. Si abbandonava ai ricordi. Pensava a tutte le interminabili navigazioni sull’Atlantico che avevano accompagnato la sua giovinezza. Guardava giù e vedeva solo una gran distesa azzurra. Nient’altro. «Scusi, signorina, ma non si vedono le navi?» chiedeva, ingenuamente, alla hostess. La risposta era sempre la stessa: «Da questa altezza no, signora». Peccato. Le sarebbe piaciuto vederne una e immaginare che là dentro ci fosse una ragazza con tante speranze e tanti progetti da realizzare, proprio come lei qualche anno prima.

Da quei giorni lontani erano cambiate tante cose nella sua vita. Adesso era accolta ovunque come una regina. Frequentava la più bella gente del mondo. Dormiva nelle suite più eleganti e confortevoli. Era una donna felicemente sposata. Be’, felicemente era una parola impegnativa. Lei e Titta vivevano ormai da fratello e sorella. Nonostante ci fosse tra loro una grande intimità, la poca passione che li aveva uniti se ne era andata da un pezzo. Questo non feriva più di tanto Maria: era ancora fermamente convinta che nella sua vita non avrebbe mai conosciuto l’amore. Ad appagarla bastavano il successo e la musica. In fondo, era una donna che sapeva vivere di emozioni. «Sono troppo fiera e troppo fragile» era solita confessare agli amici «e se mi rammarico al pensiero che quando soffro, soffro cento volte più degli altri, sono certa che quando sono felice lo sono mille volte di più.» La musica l’avrebbe riempita sempre di felicità, senza tradirla mai.

Tra poche ore sarebbe atterrata a New York, la città dove era nata e dove aveva vissuto parte della sua infanzia tanto difficile e tormentata. Avrebbe rivisto suo padre George: si sentivano ogni tanto al telefono, ma il fatto di essere la Callas li aveva definitivamente allontanati. Per non parlare della madre, che la sommergeva di richieste di denaro almeno due o tre volte al mese. Ormai si parlavano solo tramite gli avvocati. Ma soprattutto avrebbe debuttato al Metropolitan. Sì, proprio in quel teatro che frequentava da ragazzina, affacciata alla balaustra del loggione per applaudire Arturo Toscanini. In quel teatro dove, al direttore Edward Johnson, che le aveva proibito di debuttare in Norma, aveva fatto una solenne promessa: «Ritornerò qui dentro, ma alle mie condizioni: Norma e un cachet elevatissimo».

Promessa, come sempre, mantenuta: il 29 ottobre avrebbe cantato proprio nell’opera di Bellini e per cinquemila dollari a recita. Una richiesta folle di denaro, che aveva fatto saltare le coronarie a Rudolf Bing, il nuovo sovrintendente. Ma non c’era stato nulla da fare. Giovanni Battista Meneghini, mister Callas per gli americani, era stato irremovibile.

«O così oppure la Callas ve la sognate.» E Bing dovette accettare (anche se si tolse le sue pur magre soddisfazioni, pagandolo in contanti a pezzi di cinque dollari).

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