Umani e non umani. Noi siamo natura by AA.VV

Umani e non umani. Noi siamo natura by AA.VV

autore:AA.VV. [Aa.Vv.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: UTET
pubblicato: 2024-01-22T12:00:00+00:00


I tempi delle relazioni

Fin qui si è cercato di dimostrare che in numerose culture le pietre “sono”, per cui il tempo minerale è inteso come un’espressione a lungo termine dell’essere nel mondo rispetto alla vita umana. Anche se le pietre sono in qualche modo al di là del tempo umano, sono capaci di interagire quotidianamente con gli esseri umani. Le pietre partecipano alla riproduzione biologica e culturale, ancorando la memoria di vite precedenti, ma contemporaneamente si muovono con la storia e con i saperi locali. Possono quindi mantenere la loro fermezza e allo stesso tempo fare parte della fluidità della vita, dello svolgersi ecologico del tempo. Iniziamo così a comprendere perché in molte culture rocce e sassi non siano ritenuti inerti, ma piuttosto elementi ricettivi ed emotivi degli intrecci umani. Le pietre sono degli alleati, dei partner, dei maestri, dei coautori con cui gli esseri umani costruiscono quelle strutture epistemologiche che poi gli si rovesciano addosso. Per dirla in altri termini, gli esseri umani costruiscono azioni e pratiche culturali di cui poi subiscono loro stessi le conseguenze.

Come ho cercato di dimostrare, le etnografie di molti antropologi – dal Sud America all’Oceania, dai Caraibi al Giappone – ci raccontano di dialoghi tra esseri umani e pietre, dimostrando che la concezione di natura non è neutra e universale, ma storicamente e culturalmente declinata. Ecco perché in molte società la dicotomia tra vivente e non vivente non esiste, e le pietre e i ciottoli sono vivi. Tuttavia, nelle culture del Pacifico non esiste nemmeno una parola per “natura”. Non posso tradurre natura in hawaiano, tongano o samoano, e in giapponese il termine è apparso solo nel 1700. Ciò non significa che queste società non abbiano elaborato un’elegante costruzione del concetto di natura, ma piuttosto che questo processo non ha seguito le stesse tappe storico-culturali che hanno portato al dualismo natura/cultura nel pensiero europeo. Pensare alla socializzazione delle pietre non mira a contrapporre gli approcci scientifici occidentali e le tradizioni native, ma vuole ragionare sulla vita e sulle relazioni, prendendo sul serio i discorsi ecologici nativi, che considerano anche le pietre attori dello scorrere della vita biologica. Il dialogo con le pietre consente, allora, di ripensare al modo con cui l’essere umano si relaziona alla natura, attraverso rapporti non dicotomici, ma collaborativi. Diventa, così, forse più facile accettare che l’azione delle pietre non provenga solo dagli esseri umani, ma dalla loro presenza negli eventi. Una teoria che potremmo chiamare “esternalista” in cui la capacità di agire è riconosciuta alle pietre attraverso la pratica sociale, con le visite al museo per accudirle e per facilitare i loro incontri. Se è così, allora, le pietre che alle Hawaii raccontano storie del passato hanno anche un peso storico, non solo materiale; un peso invisibile che tuttavia agisce efficacemente nella relazione con gli esseri umani. Si riconosce così alle pietre un’intenzionalità che permette di annoverarle tra i viventi: questo consente loro di relazionarsi con gli umani innescando dei comportamenti di risposta, visibili e documentabili.

Attraverso la cornice interpretativa delle



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