Un bambino chiamato Natale by Matt Haig

Un bambino chiamato Natale by Matt Haig

autore:Matt Haig [Haig, Matt]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Salani
pubblicato: 2016-07-20T22:00:00+00:00


L’arte di arrampicarsi su per i camini

Sebastian si rimise a russare. Il rumore era quello di una motocicletta, ma le motociclette non erano state ancora inventate e quindi Nikolas non poteva fare quel paragone. Subito dopo si addormentò anche la Fata della Verità. Il troll aveva di nuovo occupato il letto, così la Fata della Verità si era accoccolata sul pavimento, stringendo la sua foglia di spaccalabbro. Nikolas era molto stanco. Non si era mai sentito così stanco. Nemmeno prima di Natale, quando non riusciva mai a dormire perché era troppo eccitato. Sapeva di aver bisogno di dormire, ma non si fidava della Fata della Verità. Si sedette contro il muro freddo e duro, guardando il buco del camino. Fuori, oltre la spessa porta di legno, tra il russare di Sebastian, si sentivano le voci attutite degli elfi di guardia.

Doveva uscire di lì. Non solo perché era in compagnia di due creature che volevano ucciderlo, anche se per ragioni diverse: no, doveva scappare e trovare suo padre. L’istinto gli diceva che era ancora vivo e che probabilmente si trovava insieme agli uomini che avevano preso Piccolo Kip. Doveva esserci un errore. Suo padre era un brav’uomo.

Doveva trovarlo.

Doveva riportare a casa Piccolo Kip.

Doveva sistemare tutto. Ma come?

Ripensò al giorno in cui era morta sua madre. Nascosta nel pozzo per sfuggire all’orso bruno, reggendosi alla catena del secchio, finché non aveva perso la presa. L’urlo, la caduta, sotto gli occhi terrorizzati di Nikolas che guardava la scena dalla casetta.

Quel giorno, e per molti giorni dopo (diciamo mille e novantotto) aveva creduto che le cose potevano solo peggiorare e che si sarebbe svegliato in lacrime per il resto della vita, tormentato dal senso di colpa per non essere rimasto con lei, anche se era convinto che anche lei stesse scappando.

In un certo senso pregava perché lei tornasse. Joel gli diceva sempre che assomigliava a lei ma che aveva le guance meno rosse, allora a volte Nikolas si strofinava delle bacche sulle guance e poi si specchiava nel lago. E nell’acqua mossa poteva quasi immaginare che fosse lei, che lo guardava da un sogno.

«È strano, papà» disse una volta, mentre suo padre tagliava un albero. «Ma con tutte le lacrime che ho pianto avrei potuto riempirlo, quel pozzo».

«Lei non vorrebbe vederti piangere. Vorrebbe vederti felice. Allegro. Era la persona più contenta che avessi mai conosciuto».

E così il giorno dopo Nikolas si svegliò e non pianse. Era deciso a non farlo. Non aveva nemmeno avuto il solito incubo in cui sua madre cadeva, cadeva, cadeva nel pozzo. Perciò sapeva che le cose brutte, perfino le più terribili, non avrebbero impedito al mondo di girare. La vita continuava. E promise a sé stesso che, da grande, avrebbe provato a diventare come sua madre. Colorito, allegro, gentile e pieno di vita.

Così lei avrebbe continuato a vivere.

La torre non aveva finestre.

La porta era di legno massiccio e metallo solido. E poi c’erano le guardie. Era bloccato lì in quella stanza di pietra rotonda e umida, come il mosso in una ruota.



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