Una felicità nuova by Giuseppe Grattacaso

Una felicità nuova by Giuseppe Grattacaso

autore:Giuseppe Grattacaso [Grattacaso, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Treccani
pubblicato: 2024-03-06T23:00:00+00:00


Siamo già nel 1892. Sono passati dieci anni dalla laurea e da quell’incontro a Sogliano con Ida e Maria. I sogni si sono trasformati in notti insonni cariche di pensieri e preoccupazioni. Pascoli insegna da qualche anno a Livorno, dove vive, naturalmente insieme alle sorelle. L’anno precedente ha pubblicato per l’editore Giusti ‒ al quale ha ceduto i diritti del libro ‒ la prima esigua edizione di Myricae, a cui ha fatto seguito nel 1892 la seconda edizione, che si compone di settantadue liriche. Nel dicembre di quell’anno scrive a Severino Ferrari, l’amico di sempre, a proposito della convivenza con le sorelle: «Giunti a questo punto, ci siamo accorti tutti e tre, credo, che abbiamo sbagliato nella somma la vita, e non si rinasce». Appena tre settimane prima aveva confidato al fratello: «la mia è una famiglia mesta e grave, piena di dubbi e di sospiri».

Il nido è questo, un rifugio diventato presto una tana inospitale, un luogo pieno di dubbi e di sospiri, il segno inequivocabile di un errore che ha generato infelicità. Eppure a leggere il resoconto di quegli anni che stila Maria nel mastodontico e piuttosto noioso memoir Lungo la vita di Giovanni Pascoli se ne ricava un’impressione del tutto differente, se non proprio di carattere opposto. Il male, a suo dire, viene quasi interamente dall’esterno e in parte dalle intemperanze di Ida. Viene fatto di pensare che la creazione della parabola del nido, il luogo dove tutto si acquieta e ogni antica frattura si ricompone, sia soprattutto opera sua.

Ida certo era intemperante. Meno disposta dei fratelli a fingere l’idillio nella rinuncia, è la punta nevrotica di una famiglia nevroticamente assemblata. Già nel dicembre del 1886, Giovanni scrive a Raffaele: «Trovami marito all’Ida!», che suona esattamente come un «levamela di torno!». Quando finalmente il marito arriva (e in seguito non si dimostrerà un gran partito) è il 1895. Anche su questo si è molto scritto, in buona parte a sproposito, ascrivendo il forte malumore di Giovanni alla categoria di una smisurata gelosia incestuosa. L’epistolario con Raffaele ha rimesso le cose a posto: Pascoli, che aveva dovuto inventarsi una dote per la sorella da maritare e dovrà poi ancora a lungo sostenerla economicamente, lamenta soprattutto la profonda ingratitudine e quasi il disprezzo di Ida. C’è da aggiungere che con la partenza di Ida, il nido si fa certamente più tranquillo, ma si spengono quasi del tutto le velleità matrimoniali di Giovanni. In una lettera da Roma, dove ha avuto un incarico ministeriale, datata 6 giugno 1895, Pascoli appare sgomento e insieme lucidissimo:

Io sono venuto a Roma per la disperazione! Non potevo più soffrir l’Ida nei suoi atteggiamenti. Insomma, vedi, Falino, che io non so scrivere ciò che penso e sento. Ma capisci, è così: in presenza dell’inaspettata e straordinaria fortuna dell’Ida, a me è sorta la necessità di trovare un po’ d’amore, o di morire. Altro scampo è impossibile. Oh! come rimpiango la mia giovinezza! Perché ora è impossibile, non è vero? essere amati. È impossibile? Scrivimi, caro Falino, scrivimi subito.



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