Una madre by Colum McCann

Una madre by Colum McCann

autore:Colum McCann [McCann,Colum]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2024-08-27T00:00:00+00:00


5

Il presente scompare

Temi il peggio. Vivi nel limbo. Circondata dal dubbio. Non fai che pensare alla persona amata scomparsa, praticamente in ogni minuto della tua giornata. Qualcosa ti affiora alla mente e pensi a tutto quel caffè che lui o lei beveva. Al suo modo di camminare. Di picchiettare le dita sul volante. L’aspetto terrificante di tutto questo è che non sai se potrà fare ancora qualcuna di queste cose. Ogni azione che compi ti riconduce alla persona che non c’è più. È un’atroce forma di nostalgia. Hai il cellulare incollato all’orecchio. Ogni volta che suona potrebbe essere una buona notizia. D’altronde, mentre lo attivi per rispondere, potrebbe anche essere una cattiva notizia. Ti paralizzi. Il tuo stomaco fa un capitombolo nel vuoto. Non sai bene se rispondere o no.

Pronto?

La tua voce è sempre di un’ottava più alta della norma. Non sai se dovresti essere sollevata dal fatto che sia solo tua madre, o se dovresti sentirti delusa da lei per non averti portato buone notizie. Forse qualcun altro sta provando a chiamare e la tua linea adesso è occupata. Forse dovresti chiudere la telefonata. È tutto così confuso. Starò mica impazzendo? Che giorno è? Che mese è? Eppure sai esattamente quanti giorni sono trascorsi dalla sua cattura: centodue, trecentocinquanta, quattrocentotrentaquattro, seicentotrentacinque. Il tempo viene fatto a pezzi. Il passato risuona. Il futuro incombe. Forse il tempo presente non è più presente. Forse non esiste più alcun presente. O forse è un perenne presente.

La tua vita è un saliscendi di emozioni. Gli amici ti chiamano e si informano con gentilezza, ma stanno attenti a non turbarti. Fin troppo attenti. Perché non CHIEDONO e basta? E pochi istanti dopo, perché HANNO chiesto?

Tuo marito chiama per una banale questione domestica – Ci serve del latte, tesoro? – e all’improvviso ti risenti con lui perché non sta pensando a chi è lontano, a chi è disperso, a chi è sparito. Come se la sta cavando? Viene maltrattato? E pensi a quanto fosse resistente da bambino. Al ruzzolone giù da quel muretto quando aveva quattro anni: si era rialzato e aveva ripreso a correre. Non l’hai mai visto crollare: non era un bambino facile alle lacrime. E adesso vuoi versarle tu al posto suo. Ma a che serve piangere quando hai ancora un milione di cose da fare? Devi chiamare l’Fbi. Devi prenotare quel volo per Washington D.C. Devi revisionare quell’articolo per il “New York Times”. Devi pagare il conto della carta di credito. Devi aprire un conto miglia. Devi. Devi. Devi.

E poi ti ritrovi davanti al frigo, e l’unica semplice realtà è che lo devi aprire.

Sul pannello frontale c’è il suo volto, una fotografia in cui sorride nel giorno di Natale di due anni fa, tenuta su da due magneti con le faccine sorridenti. Fai per prenderla. Le mani sospese nell’aria. Già solo aprire la porta del frigo ti fa sentire in colpa, perché vuol dire perdere il suo sguardo per una frazione di secondo. Perché ti sei cacciato in tutti quei guai



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