Una questione privata by Beppe Fenoglio

Una questione privata by Beppe Fenoglio

autore:Beppe Fenoglio [Fenoglio, Beppe]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
Tags: vol. 10
editore: Garzanti
pubblicato: 1982-11-15T09:44:57.781000+00:00


IX

Da un promontorio della collina Milton guardava giú a Santo Stefano. Il grosso paese giaceva deserto e muto, sebbene già interamente sveglio, come dichiaravano i comignoli che fumavano bianco e denso. Deserto era pure il lungo rettilineo che collegava il paese alla stazione ferroviaria, e vuota, dalla parte opposta, la diritta strada per Canelli, tutta visibile fin oltre il ponte metallico, fino allo spigolo della collina che copriva Canelli.

Sbirciò l’orologio al polso. Segnava le cinque e minuti ma si era certamente rallentato nella notte. Erano perlomeno le sei.

La terra era fradicia e nera, non faceva gran freddo e il cielo, sebbene grigio, era leggero ed ampio come da lunghi giorni non appariva. I calzoni di Milton erano schizzati di fango fin sulla coscia e gli scarponi erano due gnocchi di mota.

Si calava su Santo Stefano aggirando i macchioni scheletriti e puntando là dove sapeva esistere una passerella su Belbo. Quando arrivava a piombo delle sporgenze poteva intravvedere certi tratti del torrente. L’acqua era scura e pastosa, ma ancora lontana dallo straripare e la passerella era certamente in piedi. Il solo pensiero di dover passare a guado lo scuoteva come una febbre. Stava male, in particolare gli dolevano i polmoni, pareva si sfregassero l’uno contro l’altro con punte fattesi da cartilagine in metallo, e gli davano senso e sofferenza. Ad ogni passo gli cresceva dentro una sensazione di totale debolezza e miserabilità. «Non posso farlo in queste condizioni, non posso nemmeno tentare. Dovrei quasi sperare che non mi si presenti l’occasione».

Ma scendeva.

Eppure aveva dormito magnificamente nel fienile sotto lo spartiacque. Si era addormentato di colpo, aveva fatto appena in tempo a finir di seppellirsi sotto il fieno, con appena un piccolo tunnel scavato davanti alla bocca. La pioggia crosciava sul tetto buono del fienile, violentissima e dolce. Un sonno di piombo, senza sogni, senza incubi, senza la minima interferenza della difficile, terribile cosa da fare l’indomani. L’aveva poi svegliato un canto di gallo, l’uggiolío di un cane a valle e il silenzio della pioggia. Subito era sgusciato via da sotto il monticello di fieno. Sobbalzando sul sedere si era trasportato sul bordo del fienile ed era rimasto con le gambe penzoloni nel vuoto. Lí lo possedette la piena coscienza di sé, di Fulvia, di Giorgio e della guerra. Allora tremò, di un tremito unico ed interminabile che andò a trovargli fin i talloni, e pregò che la notte resistesse al giorno un po’ meglio di quel che facesse.

Quand’ecco uscire dalla casa il contadino e sfangare verso la stalla, ancora fantomatico nella luce che cresceva a fiotti grigi. Milton stava strusciandosi il mento e il fruscio quasi metallico della barba lunga e rada si diffondeva per metri all’intorno. Infatti il contadino guardò su e restò secco. –

Hai passato la notte lassú? Be’, meglio cosí. Non è successo niente ed io ho potuto dormire. Se ti avessi saputo sotto il mio tetto, non avrei chiuso occhio. Ma ora scendi –. Milton saltò a piedi uniti nell’aia, atterrando con un gran botto e un ampio spruzzo di fango.



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