Una specie di paradiso by Franco Giliberto & Giuliano Piovan

Una specie di paradiso by Franco Giliberto & Giuliano Piovan

autore:Franco Giliberto & Giuliano Piovan [Giliberto, Franco & Piovan, Giuliano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2018-05-14T22:00:00+00:00


* * *

17 «… nebulle poco separate l’una de l’altra e un poco ofusche. Ma quando eramo in mezo de questo golfo vedessemo una croce de cinque stelle lucidissime [Croce del Sud], e sono giustissime l’una con l’altra.» Cfr. Relazione.

18 «Mangiavamo biscotto non più biscotto ma polvere.» Ibid.

31.

I LADRONI

Difficile capire

come la vedetta

avesse trovato

tanta forza di gola.

Il suo non fu un urlo umano, ma un raglio e insieme un latrato. Soltanto per istinto riuscimmo vagamente a capire che aveva avvistato qualcosa. Era il 24 gennaio 1521 quando accadde. Quel mattino lo scoramento ci sovrastava, c’impediva di scuoterci, di reagire. Nessuno credeva al miracolo. Per questo, lentissimamente, come risvegliati da un nocivo torpore, i marinai cominciarono ad allungare il collo e a guardare nella direzione indicata dal braccio rinsecchito dell’uomo in coffa. Gli ammalati distesi in coperta volevano essere aiutati ad alzarsi per vedere anche loro. Qualcuno tenendosi la testa fra le mani pregava e chiedeva la grazia che non si trattasse di un’illusione.

Non era illusione. Là, dritto di prua, si stagliava il profilo di un verde isolotto. Giunsero gli ordini di Magellano. Le navi atterravano guardinghe, obbedienti ai segnali dell’ammiraglio. Gli scandagli cercavano il fondo, senza trovarlo tuttavia. Fu deciso di avvicinarsi alla costa il più possibile, in sicurezza, e di non ancorare. Venne messo a mare lo schifo e ciò richiese lo scorrere di molta sabbia nella clessidra. Lo sfinimento dei marinai era tale che maneggiare un paranco leggero, o semplicemente raccogliere in spire una cima, esigeva uno sforzo penoso. Sulla Trinidad fu composta una squadra di uomini scelti fra i meno provati. Altrettanto fecero sulla Concepción e sulla Victoria.

Il ritmo era lento, i muscoli dolevano vogando verso terra. Gli uomini rimasti a bordo e io con loro non staccavamo gli occhi dalle imbarcazioni che si avvicinavano alle rive. Fu lunga l’attesa, passarono ore.

«Forse è buon segno questo ritardo. Gli esploratori avranno trovato provviste abbondanti e avranno bisogno di tempo per trasportarle alle scialuppe.»

«Se invece i nostri marinai, deboli come sono, fossero finiti preda di selvaggi ostili, di cannibali magari?»

Né l’una né l’altra cosa. Finalmente, un nostromo dagli occhi buoni ci annunciò che c’era movimento attorno alle barche. Aguzzando la vista vedemmo sulla spiaggia i marinai delle tre caravelle spingere gli schifi in acqua e montare a bordo, ma notammo anche che le imbarcazioni non erano appesantite. L’immersione degli scafi sembrava la stessa di quando s’erano staccati da bordo.

«¡No hay carga, claro!»

No, non c’era un gran peso sulle imbarcazioni. Al loro arrivo scaricarono soltanto un po’ di frutta, piante forse non velenose e qualche uccellaccio sconosciuto, un paio di bugliolate d’acqua dolce e una cesta di molluschi. Poca cosa per i nostri malconci equipaggi. Poca cosa, ma sufficiente a incoraggiare il capitano generale che incitò a interpretare come fausto presagio l’arrivo in quell’isola, che venne intitolata a San Paolo, il santo del giorno.

Magellano dispose che i frutti più succosi e i molluschi liberati dalle valve e sminuzzati venissero subito distribuiti e fatti inghiottire ai malati con le gengive gonfie, ché potessero nutrirsi senza masticare.



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