Un’estate con Baudelaire by Antoine Compagnon

Un’estate con Baudelaire by Antoine Compagnon

autore:Antoine Compagnon
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography
ISBN: 9788811144830
editore: Garzanti
pubblicato: 2016-04-10T16:00:00+00:00


17. Sul riso

Cosa vi è di tanto spassoso nello spettacolo di un uomo che cade sul ghiaccio o sul selciato, che inciampa sull’orlo di un marciapiede, perché il volto del suo fratello in Cristo si contragga in modo disordinato, e i suoi muscoli facciali scattino di colpo come un orologio a mezzogiorno o un giocattolo a molla? Quel povero diavolo si è perlomeno sfigurato, e forse si è fratturato un arto che gli è essenziale. Tuttavia, il riso è scoppiato, irresistibile e subitaneo. Sta di fatto che volendo approfondire tale situazione, si trova alla fine nel pensiero nascosto di chi ha riso un certo orgoglio inconscio. Qui è il punto da cui si deve partire: io, non cado io; io, cammino dritto io; io, ho il piede saldo e sicuro. Non sono certo io a commettere la sciocchezza di non vedere un marciapiede sconnesso o una pietra che ostruisce la strada.

In Dell’essenza del riso, Baudelaire descrive una cosa che ha visto: un uomo cade mentre cammina, un po’ come il poeta in L’aureola perduta, che inciampa nel fango della strada e fa cadere la sua corona. Alla vista dello spettacolo di questo uomo steso per strada, i suoi simili si mettono a ridere come automi, e Baudelaire ne trae la conclusione che il riso è malvagio, satanico, ed è il segno del peccato originale. «Il Saggio ride solamente tremando», ricorda, seguendo la massima che ha letto in Bossuet; «Gesù non ha mai riso», riprendeva un compagno di Baudelaire, Gustave Le Vavasseur. Sono i pazzi che ridono, perché non hanno coscienza della loro debolezza e si credono grandi. Baudelaire elabora una teoria del riso, il quale è «legato intimamente all’evento di un’antica caduta, di una degradazione fisica e morale». In paradiso non si ride così come non si piange. Il riso mostra la miseria dell’uomo e l’ignoranza di questa sua miseria, dunque il suo orgoglio: «Il riso viene dall’idea della propria superiorità. Idea satanica, come nessun’altra».

Baudelaire immagina Virginie, la ragazza di Paul et Virginie, eroina innocente di Bernardin de Saint-Pierre, proprio mentre sbarca dall’isola Mauritius, la stessa che Baudelaire aveva conosciuto nel 1842. Ella scopre una caricatura nella vetrina di una boutique del Palazzo Reale. Pura, immacolata, non ride perché non capisce niente, perché la caricatura suppone malizia, ma se rimane anche solo un po’ a Parigi, «il riso le verrà», con la perdita del proprio candore. (L’altro giorno, mentre ero all’aeroporto di Roissy, sono completamente scivolato e caduto, con tutti i miei bagagli, e una ragazza si è avvicinata dicendomi: «Si è fatto male?». Ho pensato che provenisse dall’oceano Indiano, e che dopo qualche giorno a Parigi l’avrebbero iniziata.)

Nemmeno gli animali ridono. In modo molto pascaliano, Baudelaire fa del riso sia il segno della miseria umana sia della sua grandezza; miseria in rapporto a Dio, ma grandezza in rapporto agli animali. Il riso è sia angelico sia diabolico. E se l’uomo non esistesse, nel mondo non ci sarebbe il comico. Il comico, come il bello, seguendo Kant, risiede nell’occhio di colui che ride, non nell’oggetto del riso.



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