Venere di rame by Davis Lindsey

Venere di rame by Davis Lindsey

autore:Davis Lindsey
La lingua: ita
Format: mobi
editore: Net (collana Narrativa)
pubblicato: 2004-12-31T23:00:00+00:00


XXXV

Sembrava più vecchio di Novo, ma gli assomigliava: la stessa carnagione e la stessa solidità di chi è ben nutrito. Un corpo grasso con una testa pesante, baffi neri e cespugliosi che nascondevano i movimenti della bocca.

Stranamente, non sembrava affatto curioso riguardo alla mia identità e a quello di cui stavo parlando, lì nella sala da pranzo di famiglia, con il cuoco di famiglia. Ci passò davanti e afferrò la fiasca azzurra dalla quale ci eravamo serviti io e Viridovix. Per fortuna, prima avevo appoggiato la coppa sul pavimento, ed era nascosta dietro il mio piede. Viridovix riuscì a nascondere la sua fra le pieghe del telo che ricopriva il divano. Il liberto diede un’occhiata alla fiasca, notando che mancava parte del contenuto.

«Novo non poteva proprio aspettare!» grugnì.

Mi allontanai da Viridovix. «Ti chiedo scusa, signore. Tu sei Crepito?»

«Felice.» Quello sposato con Pollia. Stava ancora guardando la fiasca con cipiglio, come se incolpasse Ortensio Novo di averla iniziata senza di lui. Né Viridovix né io lo distogliemmo dall’errore.

«Sono Marco Didio Falco. Sono qui su incarico di tua moglie...» Impossibile stabilire se ne fosse al corrente. «Se Ortensio Crepito è ancora in piedi, posso chiedere un colloquio urgente?»

Lui sollevò la fiasca. «Riserva speciale! Sia Crepito che Novo stanno per raggiungermi...»

«Non Novo, signore. Gli è successo qualcosa. Possiamo parlarne... anche con Crepito, se è possibile?»

Più interessato alla fiasca che al mistero, Ortensio Felice si strinse nelle spalle e mi guidò fuori.

I tre liberti pensavano di aprire e di assaggiare il loro Falerno in una saletta sull'altro lato dell’ingresso principale. Un’altra stanza che non avevo mai visto. I tocchi esotici erano soffocanti: dipinti nilotici, flabelli, statuette di divinità con la testa di ibis, cuscini a strisce dai colori vivaci e divanetti d'avorio con i braccioli a forma di sfingi.

«Il nostro salotto egizio.» Felice mi vide fare un passo indietro. «Ti piace?»

«Ogni dimora dovrebbe averne uno!» Come un nido di vespe, o una porta che non sta mai chiusa.

Un’altra zaffata di aglio arrivò alle nostre spalle: Crepito, che probabilmente stava cercando Novo. «Non riesco a trovare quello stupido. A che gioco sta giocando?»

Sebbene Pollia mi avesse assicurato che i tre liberti non avevano legami di sangue diretti, ora che li avevo visti tutti e tre ero sicuro che provenivano dalla stessa tribù orientale. Crepito aveva baffi più sottili di Felice, era meno grasso di Novo, e aveva un tocco di voce più sonora e cordiale degli altri due, ma tutti e tre avevano lo stesso doppio mento, la stessa carnagione scura, lo stesso temperamento irritabile. Novo era probabilmente il più giovane dei tre.

Mi presentai una seconda volta. «Ortensio Crepito? Sono Didio Falco, ingaggiato dalle vostre mogli.» Crepito emise un brontolio, e continuai dando per scontato che fosse già informato su di me. «Mi dispiace di essere proprio io a darvi questa notizia; Ortensio Novo ha avuto un incidente improvviso... un incidente fatale.»

Entrambi mostrarono opportuni segni di sorpresa. «Impossibile! Era con noi fino a poco fa...» Questo era Crepito.

«L’ho trovato io stesso» dichiarai in tono pacato. «Credo che abbia avuto una specie di attacco, subito dopo la cena di questa sera.



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