Viaggio in Giappone e in Cina by Nikos Kazantzakis

Viaggio in Giappone e in Cina by Nikos Kazantzakis

autore:Nikos Kazantzakis
La lingua: ita
Format: epub
editore: Crocetti
pubblicato: 2023-07-15T00:00:00+00:00


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Il teatro giapponese

Sono i primi anni del XVII secolo. In un tempio shintoista la danzatrice sacra Okuni [1572-1613] – gloria al suo nome! – un giorno si alza e scende per strada, si ferma in una piazza popolare di Kyoto e comincia a danzare: balla e intona canti religiosi, facendo tintinnare un campanello. Ha deciso di danzare non più per il dio e i sacerdoti, nel tempio in penombra, ma in strada, tra le bancarelle del mercato, per gli ortolani, i pescatori e gli arti­giani.

La gente ne fu lieta, il mercato fu colmo di gioia, arrivarono anche altre danzatrici con i loro campanelli, i ventagli, gli amanti – famoso per la sua bellezza era l’amante di Okuni, di nome Nagoya Sansaburō – e danzavano di piazza in piazza. All’inizio si trattava di danze sacre, ma poi il repertorio si ampliò a balli popolari comici improvvisati e questi giochi vennero chiamati kabuki, che secondo l’ideogramma cinese significa “danza e canto”, ma in giapponese “perdo il mio equilibrio, faccio pazzie”.

Questo spettacolo nuovo e allegro conquistò presto il popolo e Okuni con il suo amante e alcune altre danzatrici fondarono una compagnia stabile. Le prime rappresentazioni accompagnate da tamburi e flauti (balli, canzoni, pantomime, farse) ebbero luogo nel letto asciutto del fiume Kamo, che attraversa Kyoto.

Il successo fu straordinario e le grandi città come Edo e Osaka se li contendevano perché venissero ad allietare lavoratori, mercanti e artigiani, e cominciarono le tournées, con nuove danzatrici e altre compagnie.

Di sera, dopo la giornata di lavoro, al mercato spirava un vento di gioia. Com’era naturale, le belle danzatrici erano corteggiate e furono al centro di scandali; dopo lo spettacolo, il letto asciutto del fiume risuonava di risa e gemiti d’amore, e gli onesti padri di famiglia che si trovavano a passare sui ponti ne erano inorriditi. Finché un giorno, nel 1629, fu emanato il terribile editto: “Per la difesa della pubblica moralità alle donne è vietato recitare o danzare sulla scena”.

Fu una svolta e l’inizio di un nuovo periodo. Gli uomini dovevano studiare i ruoli femminili, imparare a vestirsi, a camminare e ancheggiare come le donne, per cui si aprirono delle scuole. Gli onnagata divennero famosi, “più donne delle donne stesse”. E perfino nella vita privata atteggiavano la voce e i gesti, in una sorta di allenamento continuo. La recitazione, da gioco improvvisato qual era tra l’erotico e il comico, si trasformò in arte, formalizzata secondo regole precise. Il kabuki stava diventando un organismo vivo che, affamato, strappava brandelli di cibo dove li trovava e li assorbiva. E infatti dal famoso teatro di burattini bunraku di Osaka carpì il movimento veloce e a scatti; dallo spettacolo ieratico e raffinato del No prese la grandiosità e le ricche vesti, come pure parte del repertorio, rinnovando in forma più popolare le opere, secondo ritmi più rapidi. Inoltre accolse lo shamisen, strumento a tre corde che era arrivato nel 1633 dalle isole meridionali.

La creatura di Okuni cresceva, si rafforzava, conquistava le città. Scalzava anche il No, che era



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