14 RACCONTI DI FANTASCIENZA RUSSA by Jacques Bergier (a cura di )

14  RACCONTI  DI  FANTASCIENZA  RUSSA by Jacques Bergier (a cura di )

autore:Jacques Bergier (a cura di )
La lingua: ita
Format: mobi
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 1961-05-14T16:00:00+00:00


Oh, tu, padre Volga,

fiume russo,

risparmia, provvido,

le forze del barcaiolo!

Bussarono alla porta socchiusa. Entrò il professor Kol’cov, vice direttore dell’istituto in cui lavorava Davydov. Sul suo viso incorniciato da una corta barba errava un sorriso astioso e gli occhi oscuri guardavano tristi sotto le lunghe ciglia arrotondate come le ciglia di una donna.

“Una triste canzone, sir!” rise Kol’cov.

“Sfido io! Un sacco di lavoro, di piccolezze che non mi permettono di occuparmi del mio vero mestiere. Quanto più invecchio tanto più sono assalito da sciocchezze di ogni genere, e non ho più le forze di prima, mi è difficile lavorare di notte… Maledette seccature!” tuonò Davydov.

“Ss… quanto chiasso!” Kol’cov fece una smorfia. “Lei può cavarsela, sir. Una tempra come la sua, un capitano come lei…” rise. “Ho per lei una lettera di Korpačenko, da Alma-Ata. Penso che la interesserà.”

Sui tetti il cielo cominciava a farsi chiaro, presso la finestra spalancata il precoce giorno estivo lottava con la luce gialla della lampada. Davydov riprese a fumare, ma la sigaretta non gli dava più soddisfazione, era stanco. Aveva però portato a termine il programma stabilito: undici lettere ai geologi distaccati nella regione dei sedimenti cretacei dell’Asia Centrale giacevano sul tavolo ingombro di carte e libri. Restavano da fare soltanto le buste, e poi le lettere sarebbero partite con la posta del mattino. Davydov prese a scrivere gli indirizzi fregandosi gli occhi assonnati con i pugni e senza accorgersi che sua moglie era entrata nella stanza.

“Ma non ti vergogni!” esclamò sdegnata la moglie. “È l’alba! Dove sono finite le promesse di non lavorare di notte! E poi ti lamenti e dici che sei stanco, che non ce la fai più… Ah, così proprio non vai”

“Ho finito… Ecco, vedi: ancora cinque buste e ho finito,” si giustificò Davydov con un senso di colpa. “E ti prometto che non lo farò più. Questa volta era urgente, e dovevo… a qualsiasi costo… Va’ a dormire, piccola, verrò subito.”

Chiusa l’ultima busta, Davydov spense la lampada. La stanza fu invasa dall’aria fresca e dalla tenue luce mattutina.

Davydov guardò il cielo e si strofinò la fronte. Improvvisamente il compito di cercare le tracce degli esseri extraterrestri nelle valli montane dell’Asia Centrale gli apparve in tutta la sua disperata difficoltà.

Effettivamente, se si trovavano con frequenza resti fossili di animali era perché ne erano esistiti miliardi di esemplari sulla superficie della Terra e molte loro spoglie si erano inevitabilmente venute a trovare in condizioni che ne favorivano la conservazione e la fossilizzazione. Ma gli esseri extraterrestri non potevano essere molti. Eppure in qualche punto si era conservata qualche loro traccia: trovarla tra le grandi masse di depositi sedimentari, in mezzo a migliaia di chilometri cubi di roccia sarebbe stato possibile soltanto a prezzo di scavi colossali. Ci sarebbero voluti migliaia di uomini per esaminare milioni di metri cubi ai roccia, centinaia di potenti scavatori per rimuovere gli strati di terra superficiali. Chimera! Nessun paese al mondo, per quanto ricco, avrebbe speso miliardi di rubli per scavi di simile mole. E uno dei soliti



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