25 modi per piantare un chiodo by Enzo Mari

25 modi per piantare un chiodo by Enzo Mari

autore:Enzo Mari
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


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Sessantotto, Settantasette

e Quarantaquattro valutazioni

Nonostante i miei tentativi ostinati di «mettere i puntini sulle i», lavorando come designer mi trovo sempre più invischiato nei meccanismi produttivi. Mi resta la voglia di andare al di là del singolo oggetto, di realizzare opere che comunichino col pubblico e illustrino i nodi delle contraddizioni sociali. Decido di chiamarle Allegorie, e ne realizzo, nel corso della mia vita, una decina.

Il dizionario spiega che l’allegoria è una figura retorica che consiste in una descrizione, un’immagine o una narrazione che abbia un senso riposto. Cito un esempio famoso, il dipinto Allegoria della primavera di Sandro Botticelli, agli Uffizi, in cui Venere, Flora, le Tre Grazie e altri personaggi della mitologia simboleggiano non solo la rinascita della natura, ma anche quella di Firenze sotto i Medici.

La mia prima prova è il Modulo 856 (il numero è sempre il progressivo dell’archivio dei miei lavori), realizzato in occasione della Biennale di San Marino del 1967.

Mi sento insofferente nei confronti delle grandi mostre, in cui vengono rimescolate a casaccio tante forme d’arte, in una ridondanza infinita, che stordisce il pubblico. Il Modulo è una scultura in legno che invita lo spettatore a entrare, infilando la testa in una cavità: all’interno trova uno specchio, che riflette la sua immagine in quello spazio astratto. Il mio obiettivo è che, facendo una pausa, si chieda: «Ma cosa ci faccio io qui?». Umberto Eco prepara un questionario a scelta multipla, a disposizione di tutti, che comprende una ventina di risposte possibili al quesito.

Nel 1972, il critico Pierre Restany m’invita a partecipare a una collettiva alla galleria Il Centro, a Napoli, che riunisce la documentazione su alcune opere ambientali che si vorrebbero realizzare sulle pendici del Vesuvio. Sono gli anni della Land Art, dei grandi interventi che mirano a «disegnare» il paesaggio.

Non sono affatto d’accordo con l’idea di deturpare il vulcano, che eruttando si è sempre difeso da solo dalle occupazioni abusive, e trovo spaventosa la cementificazione selvaggia delle zone di pianura. La mia Operazione Vesuvio è, sin dal titolo, una provocazione: propongo di scavare una galleria orizzontale che colleghi la zona centrale della città con il cratere, sul cui fondo andrà costruito un nuovo quartiere residenziale. Le vie e le piazze verranno intitolate agli speculatori, e agli architetti e ingegneri del Politecnico che li hanno aiutati, obbligandoli ad abitarci per primi. Stilo un elenco di un centinaio di nomi, tutti veri, incluso quello di uno dei proprietari della galleria.

Lo stesso anno, al MOMA di New York si tiene una mostra che oggi è considerata storica, Italy: The New Domestic Landscape, a cura di Emilio Ambasz. Riunisce 180 oggetti domestici prodotti in Italia nell’ultimo decennio (suddivisi tra «conformisti», «riformisti» e «contestatori») e 11 installazioni inedite. Io partecipo unicamente con un testo del 1971, Proposta di comportamento, pubblicato su un numero speciale della rivista «Notiziario Arte Contemporanea». Insieme a Lea Vergine, ho chiesto a cinquantadue artisti, attori, architetti, critici, designer e poeti di leggere alcune mie riflessioni sul tema della comunicazione e poi rispondere a cinque quesiti:

Enunciare la propria visione utopizzante dello sviluppo della società.



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