Deledda Grazia - 1899 - La giustizia by Deledda Grazia
autore:Deledda Grazia [Deledda Grazia]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Classics
ISBN: 9788862020428
editore: Ilisso
pubblicato: 2008-04-15T23:38:59+00:00
...quando s'ama molto
La vita è come un delicato fiore,
Che profuma col suo più dolce odore
Il vento che i suoi petali strappò.
La sposa allora imponeva alle sue labbra il sorriso, e tornava nella dolce tormentosa casa, dove si sentiva sempre come straniera, per combattere a forza d'amore le bizze del vecchietto rimbambito, le perfidie delle domestiche e la terribile e spesso invincibile noia del marito.
Uscendo dalla casa del suocero, Stefano diede un gran sospiro. Lo sollevava alquanto l'essersi sfogato, sia pure con gente ch'egli riteneva molto inferiore a sé.
La luna era tramontata e il paese caduto in un profondo silenzio; i noci stormivano lievemente, e in quella dolce oscurità , appena schiarita dalla via lattea e dalle stelle, fatti pochi passi sullo stradale, Stefano sentì una improvvisa tenerezza di memorie, ricordando la notte in cui aveva gridato ai pioppi, al ruscello, agli astri ed alla casa del molino:
«Domani ritornerò!».
Silenziosa Maria lo seguiva col suo lieve passo aristocratico; e nella vaga oscurità egli ne scorgeva, come attraverso un leggero velo di nebbia, l'alta figura snella, più chiara dal busto in su, e bianca, sebbene non distinta, in viso.
Nella improvvisa tenera onda di ricordi, egli prese la mano di lei e se la pose sul braccio: ella vibrò lievemente per tutta la persona, ed egli, avvedendosene, si pentì di averla più che mai quella sera ingiustamente rattristata col suo tedio.
Camminarono un tratto silenziosi, poi, come poche ore prima, egli domandò «Che hai?», ma intensamente, e volgendole tutto il volto e lo sguardo affettuoso.
Ed ella rispose ancora:
«Nulla!», ma con voce nella cui commossa vibrazione palpitò una infinita tenerezza.
«Nulla, no. Hai qualche cosa... con me! Cosa ho fatto? Me lo vuoi dire?»
«Nulla, davvero, nulla.»
«E allora perché quando suonavo non ti sei avvicinata?»
«Temevo... credevo...»
«Che cosa credevi? che cosa temevi? dimmelo...»
Avvicinò ancor più il volto al viso di lei; le prese e strinse la mano appoggiata al suo braccio: allora anch'ella si pentì, dandosi tutto il torto per la cattiva sera ch'entrambi avevano passato.
«Scusami, Stene. Ero adirata per l'affronto di...» (stava per dire tuo padre, ma nella delicatezza del momento disse:) «Serafina. Entrando poi ti vidi così accigliato che ho creduto di disturbarti...»
«Perché non la mandi via quella ragazza?», domandò egli con dolcezza ed insistenza. «Mandala dunque via: staremo più tranquilli qualche volta. La temi forse? Vuoi che la mandi via io? Vuoi?»
Maria provò un forte sentimento di riconoscenza, ma più e più delicata disse con sincerità :
«Non è che la tema; è per risparmiare un dispiacere a tuo padre...».
Egli sentì tanta bontà in questa osservazione che per esprimerle la sua subitanea ammirazione si fermò e le baciò la mano.
Poi ripresero a camminar lentamente.
«Macché dispiacere! Sarà un momento, poi se ne dimenticherà e si troverà meglio anche lui.»
«Oh, questo è certo!»
«Ebbene, lascia fare a me. Domani.»
Ma né il domani né nei seguenti giorni, egli ebbe il coraggio di scacciar la domestica.
"Dopo tutto sono affari di donne; che c'entro io, corpo del diavolo?", pensava umiliato.
Maria taceva e aspettava.
Dopo le tenerezze dell'altra notte, egli la trascurava ogni giorno di più, passando le ore al piano e suonando uno spartito, arrivatogli da poco, che sembrava ammaliarlo.
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