I segreti delle parole by Andrea Moro

I segreti delle parole by Andrea Moro

autore:Andrea Moro [Chomsky, Noam, Moro, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2022-06-13T22:00:00+00:00


* Letteralmente “È l’America bellissima?”, cioè “L’America è bellissima?” con l’inversione in inglese del soggetto e dell’ausiliare “essere” e l’intonazione. (N.d.C.)

** Letteralmente “Bellissima è l’America” con l’immagine speculare della sequenza di parole della frase affermativa corrispondente. (N.d.C.)

Quel che resta del futuro:

note a margine di una conversazione

di Andrea Moro

È un esercizio che in molti facciamo e in tantissimi ambiti della vita, una domanda su cui riflettere: cosa rimarrà del presente? Cosa rimarrà della musica di oggi tra cinquecento anni? E della letteratura contemporanea? Come saranno la biologia e la fisica? Non aiuta molto immedesimarci in chi viveva cinquecento anni fa e ragionare simmetricamente, perché la storia non consente mai previsioni facili. Prendiamo ad esempio la letteratura: nel 1521 si poteva essere ragionevolmente sicuri che la Commedia di Dante, allora già Divina da duecento anni, sarebbe rimasta, ma non era ovvio che l’Orlando furioso, ad esempio, avrebbe resistito alle ossidazioni della memoria.

Lo studio del linguaggio umano non è esente da questo tipo di riflessione, futile forse, ma non stupida, anche perché ci costringe, sia pure come gioco astratto, a fare a meno delle ideologie che troppo spesso inquinano i giudizi scientifici, con buona pace di chi ritiene lo sviluppo della scienza un esercizio assolutamente razionale, se non proprio meccanico e algoritmico. Questo è tanto più vero quando si tratta di linguaggio, perché proprio questo tema costituisce una specie di filo rosso ininterrotto che caratterizza il pensiero di ogni epoca come una questione omerica, direbbero forse gli eruditi. Anzi, diciamo noi, l’interpretazione del linguaggio umano è la vera questione omerica dell’umanità: quella che incorpora di volta in volta la visione dominante e ne svela quei tratti essenziali che talvolta non ci si cura di rendere espliciti o per negligenza o perché appaiono come talmente scontati da non dover essere nemmeno menzionati.

Cosa rimarrà dunque di quello che sappiamo del linguaggio umano oggi? Facciamo un passo indietro, di poco. Negli anni cinquanta del secolo scorso, nel pieno della rivoluzione strutturalista che, partita da Ferdinand de Saussure a Ginevra, aveva investito non solo il resto dell’Europa e gli altri continenti ma soprattutto altri dominî oltre quello della linguistica,1 si era certi di poche cose sul linguaggio ma due di queste apparivano conquiste assodate. La prima certezza era che Babele fosse un continente senza confini: le lingue possono variare “indefinitamente e senza limiti” (come sosteneva, autorevolmente, Martin Joos).2 La seconda certezza era che le regole strutturali di questo colossale artefatto fossero invenzioni pure e che le regole delle lingue fossero “convenzioni culturali di natura arbitraria”, come quelle dei giochi di carte, degli sport o degli scacchi, come testimonia, opponendosi a questa visione, Eric Lenneberg.3 Un secolo dopo, abbiamo ancora poche certezze circa il linguaggio, forse anche meno rispetto ad allora, ma di certo sappiamo che quelle due certezze – variazione illimitata e pura convenzionalità delle regole − si sono rivelate completamente false: le lingue non variano a piacere ma sono circoscritte da robusti vincoli formali che limitano i tipi di regole che seguono,4 e “i confini di



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