A spasso con Bob (Parole) (Italian Edition) by James Bowen

A spasso con Bob (Parole) (Italian Edition) by James Bowen

autore:James Bowen [Bowen, James]
La lingua: it
Format: mobi
ISBN: 9788873396093
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2012-05-14T16:00:00+00:00


Adesso, però, ero di nuovo in cella e questa volta l’effetto su di me fu devastante, come se mi avessero tirato un pugno nello stomaco. Dopo circa mezz’ora la porta si spalancò di colpo e un agente in maniche di camicia mi accompagnò fuori.

«Prego, mi segua», disse.

«Dove mi sta portando?» gli chiesi.

«Lo vedrà da solo.»

Mi condusse in un ufficio piuttosto spoglio con solo una scrivania e qualche sedia di plastica. Dall’altra parte del tavolo erano seduti due poliziotti che, a dire il vero, mi sembravano piuttosto annoiati. Poi uno dei due iniziò a interrogarmi: «Dove si trovava ieri sera alle sei e trenta circa?»

«Uhm, ero a Covent Garden, stavo suonando», risposi.

«Dove, esattamente?»

«All’angolo di James Street, davanti all’ingresso della metropolitana», continuai, ed era la verità.

«E non è mai sceso nella stazione della metropolitana?» mi domandò il poliziotto.

«No, non ci vado mai. Prendo solo l’autobus.»

«Bene. Allora adesso può spiegarci come mai ci sono ben due testimoni che l’hanno vista ieri sera all’interno della stazione mentre minacciava un’addetta al controllo dei biglietti?»

«Ve l’ho già detto. C’è stato un errore di persona, non sono io», balbettai.

«Quando il personale della metropolitana l’ha fermata, lei ha cominciato a proferire una serie di ingiurie e poi ha minacciato la donna.»

Ero seduto e continuavo a scuotere la testa. Sembrava una scena surreale.

«Poi è stato accompagnato alla biglietteria e le è stato detto di comprare il biglietto», proseguì nel racconto l’agente. «Ma siccome si rifiutava di pagare, per reazione ha sputato contro il vetro del gabbiotto.»

Fu allora che mi saltarono i nervi.

«Mi ascolti bene. Queste sono tutte stronzate. Ieri sera non ero nella metropolitana, non ci vado mai. Io e il mio gatto usiamo solo i mezzi di superficie.»

I poliziotti mi guardavano come se stessi dicendo la più grande delle bugie. Poi mi chiesero se volevo fare una deposizione scritta e feci mettere a verbale che ero rimasto a suonare tutto il pomeriggio e la sera in James Street e che quel giorno non avevo mai preso la metropolitana. Sapevo che nella stazione c’era una telecamera e che mi sarebbe tornata utile ancora una volta, ma nel cervello si affastellavano ogni genere di pensiero angosciante.

E se fosse stata tutta una montatura? E se avessero manomesso il video della telecamera? E cosa sarebbe accaduto al processo se era soltanto la mia parola contro quella di tre o quattro dipendenti della metropolitana londinese?

Ma ciò che mi tormentava di più era il pensiero di Bob. Chi si sarebbe occupato di lui? Avrebbe accettato un nuovo padrone oppure avrebbe preferito tornare a vivere in strada? La sola prospettiva mi faceva precipitare nell’ansia.

Rimasi dentro per tre ore o forse quattro, non lo sapevo con certezza perché avevo perso la cognizione del tempo. Nella cella c’era solo luce artificiale e non capivo se era giorno o notte.

A un certo punto la porta si aprì ed entrarono una giovane donna poliziotto e un altro agente che aveva un’aria minacciosa.

«Dovrei farle il test del DNA», mi disse la donna mentre il collega si era piazzato in un angolo a braccia conserte e mi fissava.



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