Adesso mi arrendo e questo è tutto by Álvaro Enrigue

autore:Álvaro Enrigue [Enrigue, Álvaro]
La lingua: ara, ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2021-06-13T22:00:00+00:00

8 agosto, anni dopo

Siamo arrivati a Bolas de Peñascosa verso la fine della giornata. In inglese il nome è meno lirico e suona poco gradevole, ma risulta evocativo e forte: Cochise Stronghold.

Ci siamo arrivati sul tardi, anche se venivamo da un posto del New Mexico relativamente vicino, perché prima eravamo andati all’aeroporto di Tucson, percorrendo a tutta birra un’orrenda autostrada senza alcuna attrattiva. Lì abbiamo preso a bordo mio figlio maggiore. Abbiamo messo le sue cose nel bagagliaio e siamo andati in città a mangiare qualcosa, con i bambini estasiati dalla presenza del fratello grande. Accoglierlo, toccarlo, ascoltarlo, sentirne l’odore, rappresenta al contempo il culmine del viaggio e l’annuncio che sta per finire. Trascorreremo l’ultima settimana di vacanze a Peñascosa e poi riporteremo il figlio maggiore all’aeroporto perché torni alla sua vita. Noi faremo quindi tutta una tirata fino a New York, fermandoci giusto per dormire in qualche motel lungo la strada.

Abbiamo comprato un sacco di provviste perché nell’email di risposta quando avevamo affittato la casa dove alloggeremo si sottolineava che si trovava a venticinque minuti in auto da Sunsites, il paese più vicino, dove non c’è altro che un negozio nella stazione di servizio, e a circa un’ora dall’abitato di Willcox.

La casa era ricavata nella costruzione principale di una fattoria. Un edificio storico, in pietra e tronchi d’albero, nel mezzo del nulla. Fu abbandonata nella parte finale della Guerra apache e rimase disabitata finché Bolas de Peñascosa venne inclusa nel Parco nazionale Coronado. Allora venne restaurata per ospitare i ranger incaricati di custodire il parco. Adesso l’affittano a turisti alla disperata ricerca di un posto immerso nel silenzio: niente wifi, televisione né telefono, e per prendere il segnale del cellulare bisogna fare una bella camminata.

Abbiamo intrapreso l’ultima parte del viaggio fino a Bolas de Peñascosa con un frigo portatile pieno di carne e pollo da arrostire, buste di carta con frutta e verdura, cereali, galloni di latte, vino e birre, più vari prodotti igienici. Il piano non è, ovviamente, di vivere come i pionieri che costruirono le proprie dimore nella solitudine della Sierra de Peñascosa – un progetto che non sortì alcuno sviluppo – ma chiudere il viaggio in bellezza godendoci questo periodo di quiete, magari di riavvicinamento, con il figlio maggiore che a tutti noi interessa tornare a conoscere, ciascuno per i propri motivi.

Nessuno chiama più Peñascosa la catena montuosa che chiude a ovest la valle di Sulphur Springs. I cartografi dell’esercito statunitense le ribattezzarono Dragoon Mountains nel XIX secolo, e il nome fu abbastanza suggestivo da rimanere così. Si tratta di una catena montuosa remota e spopolata, dalle dimensioni discrete – lunga una quarantina di chilometri e con la vetta più elevata che arriva a 2.300 metri – ma di scarso interesse: sarebbe soltanto l’ennesima fila di monti lungo la strada se non avesse al centro un’altura frantumata da un cataclisma che nella notte dei tempi doveva essere stato spettacolare. La cicatrice lasciata dall’esplosione della vetta centrale del massiccio forma una serie di cupole e picchi giganteschi

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