AMADO MIO by Pier Paolo Pasolini

AMADO MIO by Pier Paolo Pasolini

autore:Pier Paolo Pasolini [Pasolini, Pier Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: no cover, italiano, archivio italiano
editore: Garzanti
pubblicato: 2000-11-15T06:57:40+00:00


Dopo quella terribile notte Dina mi desiderò con lo stesso ardore e dolore con cui io soffrivo per Bruno. Non poteva stare un giorno senza almeno vedermi; non si accontentava delle nostre serate, avrebbe voluto stare con me anche in quei pomeriggi in cui scomparivo, chissà dove e da cui ritornavo come da una terra lontana piena di cose incantevoli, di paesaggi inesplorati, di uccelli che cantavano meravigliosamente.

Era passato quasi un anno e ora a Viluta le cose non erano affatto cambiate. Solo la sua passione era divenuta più grande e più desolata.

Passeggiando per la stradina della casa dei F. al ponticello della Vila, le dicevo le solite cose: Bach, la poesia, i sensi... Ma il tramonto era d'una bellezza rara. Voltati verso San Pietro, Dina, io e mia mamma avevamo davanti a noi tutto un enorme cielo costellato di piccoli cirri rossi come il fuoco, che, sopra le montagne si appiattivano in lingue roventi e impietrite, come fossili. Verso occidente si spalancava tutta la pianura, delimitata a nord dai dorsali delle prealpi, a una cinquantina di chilometri di distanza, che la luce filtrata dalle nuvole di sangue, pareva illimpidire e riavvicinare: erano toccabili, come specchi, e il loro indaco scorreva netto sotto la striscia verdazzurra di cielo che le nubi lasciavano nudo proprio lungo la linea ondulata dei monti.

Passeggiando, non avevamo parole, incantati da quel capolavoro che aveva qualcosa di tonificante.

"Siamo nella Valle di Giosafat, "mormorai.

In quel momento sentimmo dei passi, sul fango, alle nostre spalle. Era Nisiuti. Egli passava di corsa, e ci salutò coi suoi soliti modi pieni di audace e cortese timidezza. Non osava fermarsi, ma io, che mi sentivo mancare al dolce e bruno pallore del giovinetto, alla fiamma calma delle sue pupille, non potei trattenermi dal dirgli qualcosa.

"Nisiuti, non ti accorgi di niente? " dissi.

Nisiuti che era già avanti si fermò sorpreso e un po' vergognoso chiese: " Di che cosa? "

"Sei cieco! " dissi io, fingendo di indignarmi un poco, "sei cieco! Nel cielo accadono questi miracoli e tu non te ne accorgi nemmeno. Non vedi che razza di tramonto? "

"Lo vedo, "disse sorridendo Nisiuti, "ma che vuole, noi contadini non possiamo badare a queste cose. "

"Ma tu, "dissi io nascondendo la mia mortificazione, il mio batticuore, il mio impetuoso desiderio di baciarlo, "tu dovresti accorgertene. È una vergogna! " Ma il mio rimprovero era scherzoso e affettuoso.

"Io? " replicò il ragazzo, "io sono il più buono a nulla di tutti. " E scappò avanti scuotendo il capo.

Io, mia mamma e Dina, proseguimmo la camminata chiacchierando e osservando le trasfigurazioni del cielo. Ormai il rosso sbiadiva. L'ardore interno che dava ai monti quella colorazione congestionata e lucida, prima di smorzarsi, giungeva a una specie di parossismo.

Intanto, camminando pian piano, eravamo giunti all'altezza della casa dei F.; era una casa vasta e vecchia; davanti sorgeva un grande noce. Nella parete verso la strada sporgeva la spazzacucina, che era posta dietro il focolare; i suoi tetti neri e muschiosi si attaccavano alla parete proprio sotto una piccola finestrella.



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