Apocrifo & Blasfemo (Italian Edition) by Davide Trombini

Apocrifo & Blasfemo (Italian Edition) by Davide Trombini

autore:Davide Trombini [Trombini, Davide]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B009X09PQI
pubblicato: 2012-10-24T22:00:00+00:00


Capitolo X

Come presagito da Marta, fui dimesso in quello stesso pomeriggio, subito dopo pranzo. Non riuscii a mangiare quasi nulla, la pasta era scotta, il sugo insipido, la purea di patate cagliata e la carne sembrava cuoio.

Dopo una blanda visita, il medico aveva deciso di dimettermi; gli effetti del Pavulon erano ormai svaniti, l'unico segno materiale della mia disavventura era il livido verdastro che occhieggiava dal mio collo, punto in cui quell'ago maledetto mi era entrato nella carne. Forse era la carenza di letti il vero motivo della mia dimissione, tuttavia, concordai senza il minimo dissenso.

Uscii dall'Ospedale Molinette con una certa claudicazione e avanzai lungo il marciapiede di Corso Bramante; lo svanire degli effetti del Pavulon aveva risvegliato il mio impietoso dolore al ginocchio. Dal via vai di lamiere lucide che ammantava l'asfalto, spuntò il taxi che avevo richiesto seguito da una fievole nube di smog che andava in netto contrasto col bollino blu affisso sul vetro. Scese un uomo esile, di bassa statura, con una leggera barba dalle creste bionde e con una sigaretta stretta fra le dita. L'uomo mi salutò sfoggiando un accento partenopeo, gettò via la sigaretta e dopo essersi assicurato che fossi davvero io il passeggero, mi aprì la portiera posteriore. Odorai con piacere l'aroma di tabacco che avvolgeva l'abitacolo, forse perché più naturale dell'odore di medicina che aveva nauseato le mie nari fino a poc'anzi. Pochi istanti dopo, il taxi tornò a immergersi nel traffico, diretto verso il Parco del Valentino dove il mio fidato Leopard giaceva abbandonato.

Mentre l'aria fresca proveniente dal vetro abbassato mi rinfrancava dal caldo di quel pomeriggio afoso, misi istintivamente una mano in tasca, e ciò che toccai mi rammentò quanto la mia indagine fosse ben lungi dall'essere conclusa. Nella mia tasca sinistra c'era la lettera del Dottor Costogni ancora sigillata. La trassi rabbrividendo, ne strappai il bordo con bramosia e voltai l'apertura verso il basso per farne uscire il contenuto. Sul sedile caddero due chiavi dal bordo seghettato, un foglio di cartone sottile con due finestrelle rettangolari lunghe e strette, e un quadratino di tessuto apparentemente molto vecchio, grande come un francobollo e macchiato di una sostanza vermiglia.

Ci sono momenti in cui l'intuito rifiuta di venirci in aiuto impedendoci così di giungere anche alla più semplice delle conclusioni; ma in altre occasioni, invece, ci illustra soluzioni apparentemente senza logica, e in quei casi non resta che fidarsi. Dopo una breve riflessione, l'intuito mi spinse a credere che quelle chiavi aprissero qualcosa all'interno dell'IRET. Dovevo tornare là.

L'autista lavorava abilmente con la mano destra, intento ad arrotolare una sigaretta. Quando lo chiamai fermò la mano e mi guardò dallo specchietto.

«Scusi, avrei un cambio di programma.»

«Certo, mi dica» rispose col suo caloroso accento del sud.

«Dovrei fare una capatina alla clinica Torpinia in via...»

«Sì, la conosco» mi interruppe annuendo. «In via Amerigo Vespucci. Non è lontana, ci vorranno quindici minuti.»

L'autista scalò un paio di marce e abbandonò corso Massimo d'Azeglio svoltando a sinistra per via Valperga Caluso. Mentre esaminavo i reperti partoriti dalla busta,



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