Arco di trionfo by Erich Maria Remarque

Arco di trionfo by Erich Maria Remarque

autore:Erich Maria Remarque [Remarque, Erich Maria]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


19.

«È qui» disse Morosow.

«Chi?»

Si lisciò la livrea. «Non far finta di non capire. Non far arrabbiare papà Boris. Credi che non sappia perché, in due settimane, sei venuto tre volte allo Shéhérazade? Una volta con una meraviglia dagli occhi azzurri e i capelli neri, ma due volte solo? L’uomo è debole... Quale sarebbe, altrimenti, il suo fascino?»

«Va’ al diavolo» disse Ravic. «Non scoraggiarmi, proprio quando ho bisogno di tutte le mie forze... chiacchierone di un portinaio!»

«Avresti preferito che non te lo dicessi?»

«Naturale!»

Morosow si fece da parte per cedere il passo a due americani. «Allora, fa’ dietro front e torna un’altra sera» disse.

«È sola?»

«Sole non le lasciamo mai entrare, le principesse; dovresti saperlo. Sigmund Freud si sarebbe compiaciuto della tua domanda».

«Che cosa ne sai, tu, di Sigmund Freud? Sei ubriaco, e io mi lamenterò di te con il tuo capo, il capitano Tschedschenedse».

«Il capitano Tschedschenedse è stato sottotenente nel reggimento in cui io ero tenente, bimbo mio. E se ne ricorda. Prova un po’ se ci riesci!»

«Be’, fammi passare».

«Ravic!» Morosow gli posò sulle spalle una delle sue manone pesanti. «Non fare lo sciocco! Telefona a quella meraviglia dagli occhi azzurri e torna con lei, se proprio devi. Semplice consiglio di un vecchio esperto. Banalissimo, ma efficace».

«No, Boris» rispose Ravic, guardandolo. «Gli stratagemmi non servono, in questi casi. E non voglio usarli».

«Allora, torna a casa».

«Nel “palmizio”? Nella mia topaia?»

Morosow lasciò Ravic e precedette una coppia che cercava un tassí. Ravic non si mosse finché non tornò. «Sei piú ragionevole di quanto pensassi» disse Morosow. Altrimenti saresti già entrato».

«Ci ho ripensato» disse, tornando indietro. «Entra pure. Infischiatene. Anch’io farei cosí. Una volta o l’altra deve pur accadere. Perché non subito? Concludi, in un modo o nell’altro. Quando non siamo piú ragazzi, vuol dire che siamo vecchi». Spinse indietro il suo cappello bordato d’oro. Prima che potesse continuare a parlare, comparve sulla porta un giovane ubriaco con uno smoking bianco. «Colonnello! Una macchina da corsa!»

Morosow fece segno al primo tassí della fila e fece accomodare in auto il tizio vagamente barcollante. «Non ride» disse l’ubriaco. «Colonnello era un gran bello scherzo, non le pare?»

«Bellissimo. Macchina da corsa era ancor meglio».

«Ci ho ripensato» disse Morosow al suo ritorno. «Entra. Al diavolo quell’altra. Anch’io farei cosí. Prima o poi tanto succederebbe; perché non adesso, allora? Falla finita, in un modo o nell’altro. Quando smettiamo di essere infantili, siamo vecchi».

«Anch’io ci ho ripensato. Vado da un’altra parte».

Morosow lo guardò divertito. «Bene» disse infine, «ti rivedrò fra mezz’ora».

«Magari no».

«Fra un’ora dunque».

Due ore piú tardi, Ravic sedeva alla Cloche d’Or. Il locale era ancora semideserto. Al lungo bancone del piano di sotto, come pappagalli sul bastone, stavano appollaiate delle prostitute, e chiacchieravano. In mezzo a loro, qualche trafficante di cocaina in attesa di turisti. Sopra, poche coppie intente a mangiare zuppa di cipolle. Su un divano nell’angolo di fronte a Ravic, due lesbiche bevevano del Cherry Brandy sussurrando. Una, in tailleur e cravatta, portava il monocolo; l’altra, in carne e rossa di capelli, indossava un abito da sera tutto scintillante, dalla scollatura profonda.



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