Artisti della sopravvivenza by Hans Magnus Enzensberger

Artisti della sopravvivenza by Hans Magnus Enzensberger

autore:Hans Magnus Enzensberger [Enzensberger, Hans Magnus]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2022-05-05T12:00:00+00:00


1. Bertolt Brecht, La linea di condotta, in Id., Teatro, vol. II, a cura di Emilio Castellani, Einaudi, Torino 1973, pp. 780-81.

2. Id., Dialoghi di profughi, trad. it. di Margherita Consentino, Einaudi, Torino 1962, p. 19.

Nadežda Mandełštam (1899-1980)

Deve per forza aver scritto un capolavoro chi ha qualcosa da dirci? Non basta che abbia proclamato il Novecento il «secolo dei lupi»? Nadežda Mandełštam lo ha fatto e motivato. Questa autrice non è solo la vedova di Osip Mandełštam, del quale ha salvato l’opera, e dunque in un certo senso la sua portavoce, ma ha anche messo a verbale un’autobiografia. Si tratta di un libro grazie al quale, sulla storia sovietica, si scoprono cose assai diverse da quelle che si apprendono dalla storiografia scientifica. La cronologia, poi, non era tra le sue priorità. Confonde il lettore descrivendo esperienze private, per non dire intime, con la stessa meticolosità con la quale racconta dei grandi fatti di sangue avvenuti al Cremlino, delle persecuzioni, dei campi di prigionia e dell’apparato della polizia segreta.

Come se avesse la videocamera, cerca con lo sguardo un materasso o un pezzo di carta, si sofferma su un secchio, un letto, un fornello a petrolio; poi le torna in mente la caramella mou che un čekista, d’un tratto, le aveva offerto durante una perquisizione.

«I testimoni di quest’epoca sono vari manoscritti che ne sono usciti indenni. Dobbiamo considerarlo un miracolo», dice. Un miracolo a cui lei, piú di chiunque altro, ha contribuito, già solo per aver imparato a memoria le poesie del marito al fine di metterle al sicuro dagli «organi».

Nello scegliersi la propria causa di morte, Osip Mandełštam si avvalse di «una caratteristica rimarchevole dei nostri leader: la smisurata stima che essi nutrono nei confronti della poesia. “Di che cosa ti lamenti? – diceva. – Solo da noi la si tiene in gran conto – per lei si uccidono persone. Non succede da nessun’altra parte”».

Nata a Saratov in una famiglia della borghesia ebraica, nel 1919 Nadežda conobbe e sposò Osip. Nell’Unione Sovietica dei primi tempi un ménage à trois non era niente di eccezionale; in alcuni ambienti un accordo di questo tipo era considerato chic e progressista. All’inizio una relazione a tre con Anna Achmatova sembrò soddisfare anche il gusto di Nadežda. Al marito dava per scherzo del «mormone». A proposito di queste complicazioni si espresse in seguito retrospettivamente nei suoi Ricordi su Anna Achmatova. Poteva anche succedere, infatti, che la situazione erotica sfuggisse al controllo.

Un idillio il loro matrimonio non lo è mai stato. Sin dall’inizio Mandełštam fu un marito geloso e autoritario che non le permetteva di avere un lavoro tutto suo e pretendeva che lei si annullasse nella vita di lui. Nadežda, al contrario, voleva essere indipendente senza doversi sottomettere a nessuno. Non che fosse particolarmente remissiva, paziente o fedele; a litigare poi era brava quanto il marito. «A che ti servo? – gli domandava. – Perché mi trattieni? Perché devo vivere come in una gabbia? Lasciami andare!» Nel 1925 i medici le diagnosticarono un principio di tubercolosi, e Osip ebbe un attacco cardiaco.



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