Attacco all'impero by Andrea Frediani

Attacco all'impero by Andrea Frediani

autore:Andrea Frediani [Frediani, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2021-06-15T22:00:00+00:00


Lucine si alzò di scatto, quando sentì delle urla provenire da un settore del campo a pochi passi da lei. Il suo primo istinto fu di cercare la sagoma massiccia di Magnus, visibile anche nella penombra della notte appena rischiarata dai fuochi di bivacco; come sempre più spesso accadeva, il gigante l’aveva lasciata sola ed era andato ai margini della carovana a svuotarsi la vescica, sostenendo di essere vittima di un’infiammazione.

Magnus le aveva spiegato di averla presa tempo prima orinando in un bosco, forse finendo a contatto con qualche fogliame velenoso, e di non volergliela trasmettere con un rapporto sessuale. E siccome, diceva, quando si svuotava il dolore gli provocava grandi difficoltà, preferiva farlo appartato e attendere che le fitte si attenuassero, prima di tornare da lei. Il risultato era che, ormai, non trascorrevano più tempo da soli, se non per dormire. Lucine non era mai riuscita a trattenerlo con sé abbastanza a lungo da potergli almeno parlare e confrontarsi; di giorno, il colosso tendeva a cercare la compagnia degli altri amici e perfino dei profughi, di notte, tornava quando lei ormai era sul punto di addormentarsi.

Era diventato irrequieto come Taline, che quando calava il buio se ne andava in giro per il campo chissà dove e chissà con chi; a quanto pareva, la sorella era riuscita a esercitare il proprio influsso su di lui, in quel breve tempo che avevano trascorso insieme.

«Via di qui! Volete ammazzarci?», gridarono più volte alcune persone, che Lucine vide scagliare pietre in direzione del buio. Spinta dalla curiosità, si spostò più vicino ai profughi che si agitavano e di fronte a loro vide affiorare nel buio alcune figure spettrali.

«Dateci da mangiare, per pietà. Del cibo…», dissero i nuovi arrivati. Lucine li scrutò e riconobbe i segni della peste sui loro volti parzialmente coperti dai cappucci dei mantelli, sulle mani e su ogni parte scoperta. Fece istintivamente un balzo all’indietro, finendo con la schiena contro qualcuno. Si voltò e vide che si trattava di Yeva, anche lei avanzata nei pressi.

«Poveretti», disse la sorella. «Non basta quello che gli è capitato… La gente non capisce quanto soffrono…».

Lucine fissò con più attenzione gli appestati. Erano una decina di persone e continuavano a implorare un pasto, nonostante i profughi stessero tirando loro addosso tutto ciò che avevano sottomano. Osservò i loro volti pietrificati in innumerevoli, piccole scaglie, deformati da escrescenze ormai secche, le mani nodose e frastagliate che si protendevano in avanti, per difendersi dai proietti e, allo stesso tempo, implorare pietà.

«Ma non sono più contagiosi…», mormorò. «Sono guariti, non lo vedi anche tu?».

Yeva li fissò a sua volta e poi annuì. «Ma quella gente non lo capisce…», aggiunse.

«Andiamoglielo a spiegare», la esortò Lucine, che poi iniziò ad avanzare. Le due sorelle si spinsero a metà strada tra i profughi e gli appestati. Lucine si sbracciò, provando a frapporsi tra i due gruppi mentre, nel frattempo, quasi tutti gli sfollati intorno si erano accorti della presenza dei contagiati e inveivano contro di loro.

«Fermi! Fermi! Questi poveretti sono guariti! Non sono più contagiosi!», gridò Lucine, e Yeva le fece eco.



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