ATTRAVERSO L'ATLANTICO IN PALLONE by Emilio Salgari

ATTRAVERSO L'ATLANTICO IN PALLONE by Emilio Salgari

autore:Emilio Salgari [Salgari, Emilio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: no cover, italiano, public domain, archivio italiano
pubblicato: 2014-06-16T00:00:00+00:00


Le calme tropicali

Alle cinque del mattino i raggi del sole invasero bruscamente lo spazio, illuminando l’oceano fino agli estremi limiti dell’orizzonte. Quasi contemporaneamente, il forte vento che spingeva l’aerostato verso l’est scemò grado a grado, e parve che la corrente si spezzasse, o si disperdesse, come se avesse trovato un ostacolo.

Veniva forse respinta dai venti alisei, che soffiano da levante a ponente, partendo dalle coste del Portogallo e dalla Spagna, e terminando nell’America centrale? L’ingegnere, che temeva d’essere stato trascinato dall'uragano molto al sud, lo supponeva.

Se ciò era vero, per ilWashington si preparava un brutto momento, poiché poteva venire afferrato da una grande corrente e ricondotto verso le coste americane, senza che gli arditi aeronauti avessero potuto opporvisi in modo alcuno.

“A mezzodì faremo il punto e sapremo dove ci troviamo” disse Kelly ad O’Donnell che lo interrogava. “Speriamo di non essere discesi tanto al sud.”

Il caldo però cresceva di mano in mano che il sole si alzava sull’orizzonte, e questo era un indizio certo chel’aerostato era stato condotto nelle regioni ardenti del tropico del Cancro. Alle nove il termometro già toccava i 32°Rèaumur ed accennava ad alzarsi ancora.

O’Donnell, abituato ai climi freddi del Canada, cominciava a soffrire assai ed aveva disteso la tenda per difendersi dai morsi di quel sole, diventato così bruscamente insopportabile. Il solo Simone, da vero negro, pareva che si trovasse benissimo in quella temperatura elevata: anzi sembrava che si fosse persino calmato, poiché ora se ne stava silenzioso, non aveva più gli sguardi smarriti, né il suo viso manifestava l’impressione paurosa di prima.

Alle dieci il pallone era quasi immobile. Una calma assoluta regnava sopra l’oceano, il quale, col cessare del vento, era ridiventato tranquillo e terso come una immensa lastra azzurra.

“Ci troviamo nelle regioni tropicali” disse l’ingegnere che da qualche minuto osservava la superficie dell’Atlantico.

“Da che cosa lo arguite?” chiese O’Donnell.

“Vedete laggiù volare quegli uccelli?”

L’irlandese si curvò sul bordo della navicella e col cannocchiale vide alcuni volatili dalle penne bianche e nere, le ali forcute, la coda fornita di due lunghe penne, i quali si precipitavano di quando in quando sui flutti con estrema rapidità, per pescare i pesci che guizzano alla superficie.

“Che uccelli sono?” chiese.

“Fetonti, o, come li chiamano i marinai,paglie in coda . Questa specie non si allontana mai dai tropici.”

“Ma come si trovano qui, a una così grande distanza da terra?”

“Sono uccelli dal volo potente e possono in poche ore attraversare incredibili distanze. Chissà? Forse hanno i loro nidi alle Azzorre, o alle Canarie, o alle isole del Capo Verde.”

“Dove ci troviamo noi dunque?”

“Lo sapremo fra un’ora e mezzo. O’Donnell. Il mezzodì non è lontano.”

Durante quell’ora e mezzo ilWashington non guadagnò più di dieci miglia: il calore invece aumentò sempre più, toccando i 35 gradi. Se a quell’altezza di 3800 metri era così elevato, quale non doveva essere presso la superficie dell’oceano? Colà il termometro doveva segnare i 40 gradi, se non di più.

A mezzodì preciso, l’ingegnere fece il punto. Fatto rapidamente il calcolo, dopo le osservazione dell’ottante constatò che ilWashington si trovava a 17° 15’ di longitudine ovest, ed a 24° 39’ di latitudine nord.



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