Aura by Carlos Fuentes

Aura by Carlos Fuentes

autore:Carlos Fuentes [Fuentes, Carlos]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2020-04-17T22:00:00+00:00


4

Nel richiudere la cartella, ormai, sai che per questo Aura vive nella casa: per perpetuare l’illusione di gioventù e di bellezza della povera anziana signora, divenuta folle. Aura, chiusa come uno specchio, come un’icona in più su quel muro di pietà religiosa, tutto ricoperto di ex voto, di cuori imbalsamati, di demoni e di santi dipinti.

Accantoni le carte e scendi giù, pensando all’unico luogo in cui potrai trovare Aura la mattina: il luogo che le avrà assegnato quella vecchia avara.

La trovi, sì, in cucina, intenta a sgozzare un capretto: il vapore che si alza dal collo squarciato, l’odore del sangue versato, gli occhi duri e aperti dell’animale ti danno la nausea: dietro questa visione si perde quella di una Aura mal vestita, con i capelli arruffati, macchiata di sangue, che ti guarda senza riconoscerti, proseguendo nel suo lavoro di macellaio.

Le volti le spalle: questa volta, parlerai con la vecchia signora, le rinfaccerai la sua avarizia, la sua abominevole tirannia. Apri la porta con uno spintone e la vedi, dietro il velo di luci, in piedi che compie il suo lavoro a vuoto nell’aria: la vedi con le mani in movimento, nel vuoto: il braccio teso con una mano chiusa a pugno, come nello sforzo di sostenere qualcosa, l’altra stretta intorno a un oggetto immaginario, che conficca ripetutamente nello stesso posto.

Subito dopo, la vecchia si strofinerà le mani contro il petto, sospirerà, tornerà di nuovo a fendere l’aria, come se - sì, lo vedrai chiaramente: come se spellasse un animale…

Corri attraverso il vestibolo, la sala da pranzo, fino alla cucina, dove Aura sta spellando il capretto lentamente, assorta nel suo lavoro, senza avvertire la tua presenza né le tue parole, guardandoti come se fossi d’aria.

Sali lentamente, vai nella tua stanza, entri, ti getti contro la porta come se temessi che qualcuno ti seguisse: ansante, sudato, oppresso da un’impotenza che ti viene dalla spina dorsale gelata, da una certezza che è in te: se qualcosa o qualcuno entrasse, non potresti opporre resistenza, ti allontaneresti dalla porta, ti metteresti alla sua mercé. Febbrilmente afferri la poltrona, la collochi contro quella porta senza serratura, vi spingi contro anche il letto, fino a sbarrarla, e ti ci getti sopra esausto e abulico, con gli occhi chiusi e le braccia strette intorno al cuscino: il cuscino che non è tuo: nulla è tuo…

Cadi in quel sopore, precipiti fino al fondo di quel sogno che è la tua unica via di uscita, la tua unica resistenza alla follia. “E’

pazza, è pazza” ti ripeti per addormentarti, rievocando con le parole l’immagine della vecchia signora che nel vuoto spellava il capretto di aria, con il suo coltello d’aria “è pazza…”

Nell’abisso oscuro, nel tuo sogno silenzioso di bocche spalancate, in silenzio, la vedrai avanzare verso di te, dal fondo nero dell’abisso, la vedrai avanzare carponi.

In silenzio,

muovendo la mano scheletrica, avanza verso di te finché il suo viso non si schiaccia contro il tuo, e tu non vedi le gengive sanguinanti della vecchia, quelle gengive sdentate e non gridi e lei



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