Barbarie e civiltà nella concezione di Leopardi by Rolando Damiani

autore:Rolando Damiani [Damiani, Rolando]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2022-12-27T00:00:00+00:00

Con la Storia dell’astronomia, già in avvio di trattazione differenziata da quella bimillenaria dell’astrologia, «parto infelice dell’umana ambizione» provocato sin nei primordi caldei ed egizi dalla «cognizione degli effetti e dalla ignoranza delle cause», l’ancora adolescente autore celebra la scienza originaria «molto tempo soggetta alle tenebre dell’errore e alle follie degli antichi filosofi», nella quale tuttavia immaginazione e intelletto si combinano per innalzare l’uomo «al di sopra di se medesimo» e portarlo «a conoscere la causa dei fenomeni».5 Si esprime così in sintonia con il fervido illuminismo cattolico professato e trasmesso ai figli giovinetti dal conte Monaldo. È quasi un postulato da cui procedono e si sviluppano la ricerca e la redazione dell’intera opera compilatoria. La simbiosi di intelletto e immaginazione nella raccolta e nel discernimento dei dati scientifici non è peraltro una specie di “errore popolare” dell’esordiente studioso, ma un’opinione ora rintracciabile quasi sorprendentemente nella più avanzata astrofisica.

Ne è una prova un libro di alta divulgazione scientifica come quello di John D. Barrow, Il libro degli universi, uscito in Gran Bretagna nel 2011 e rapidamente tradotto in Italia. Dichiara sin dall’inizio l’autore, celebre matematico e astrofisico, che la moderna cosmologia «non si limita a descrivere il nostro universo nella maniera più completa e accurata possibile, ma cerca di inserire la descrizione in un contesto di possibilità più ampio di quello reale». Le odierne teorie della fisica, egli specifica, ci hanno squadernato «universi dove le leggi fisiche cambiano da un periodo all’altro e da una regione all’altra, universi che hanno dimensioni spaziotemporali aggiuntive nascoste, universi eterni, universi interni ai buchi neri, universi che terminano senza preavviso, universi in collisione, universi inflativi e universi originatisi da qualcos’altro o addirittura dal nulla». Nell’ambito dell’astrofisica si hanno «le speculazioni più fantastiche e ardite dell’intera scienza, così ardite che viene da chiedersi se le opere esposte nella galleria degli universi possibili esistano davvero o se ve ne sia solo una capace di fregiarsi dello speciale titolo di “esistente”».6

A questa universale apoteosi delle nozze di intelletto e immaginazione, benedette da Fisica e Matematica, Barrow premette una frase di William H. McCrea, presidente della Royal Astronomical Society, pronunciata in un discorso del 1963: «Mi stupisco sempre quando un giovane mi dice che vuole occuparsi di cosmologia. Penso sia la cosmologia a scegliere noi, non noi a scegliere lei».7 A ritroso nel tempo, la sentenza si adatta perfettamente al ragazzo recanatese, impegnato in studi di classicismo e scienza settecentesca, il quale attraverso una vasta compilazione depredatrice della Bibliotheca Graeca in 14 volumi e di quella Latina in 3 e ulteriori 6 tomi del Fabricius, assimila un pensiero arcaico che è nella sua essenza «cosmologico da cima a fondo», come una volta affermò risolutamente Giorgio de Santillana.8

In conclusione di questo gioco di rispecchiamenti si potrebbe attribuire a Leopardi un consenso sul piano concettuale e perfino stilistico ad asserzioni della più recente astrofisica o di quella novecentesca. Si considerino ad esempio, trattandosi del “suo” Copernico, le parole finali del Libro degli universi: «Copernico ci ha insegnato che la terra non è al centro dell’universo.

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