Breve storia di (quasi) tutto (2014) by Bill Bryson

Breve storia di (quasi) tutto (2014) by Bill Bryson

autore:Bill Bryson [Bryson, Bill]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 2014-08-16T22:00:00+00:00


Probabilmente nulla può esprimere con maggior chiarezza la nostra indifferenza psicologica nei confronti delle profondità oceaniche dell’enunciazione del compito principale degli oceanografi, così come esso venne formulato nel corso dell’Anno Internazionale della Geofisica 1957-58: studiare «l’uso degli abissi per lo smaltimento delle scorie radioattive».588 Non era un obiettivo da perseguire segretamente, ma qualcosa di cui andare orgogliosamente fieri. Di fatto, sebbene non fosse un’attività molto pubblicizzata, nel 1957-58 lo smaltimento delle scorie radioattive era già in atto da una decina d’anni, con un’intensità che aveva qualcosa di terrificante. A partire dal 1946 gli Stati Uniti trasportarono regolarmente fusti da oltre 200 litri pieni di fanghi radioattivi nelle isole Fallarone, circa 50 chilometri al largo della costa californiana, vicino a San Francisco, dove venivano semplicemente gettati in mare.

Era una cosa condotta all’insegna di una straordinaria sciatteria. La maggior parte dei fusti era dello stesso tipo di quelli arrugginiti che si vedono nel retro delle stazioni di servizio o all’esterno delle fabbriche: mancavano cioè di rivestimenti protettivi di qualsiasi genere. Quando non riuscivano ad andare a fondo, cosa che succedeva spesso, i tiratori della Marina li riempivano di proiettili, in modo da lasciar entrare l’acqua (e, ovviamente, uscire plutonio, uranio e stronzio).589 Prima che negli anni Novanta si mettesse fine a questo tipo di smaltimento, gli Stati Uniti avevano gettato molte centinaia di migliaia di bidoni in circa 50 diversi siti oceanici (quasi 50.000 nelle sole isole Fallarone). Ma gli Stati Uniti non furono certo i soli. Tra gli altri entusiastici scaricatori di spazzatura radioattiva c’erano anche Russia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e quasi tutte le nazioni europee.

E che effetto potrebbe avere avuto tutto questo sulla vita sottomarina? Be’, poco, si spera. Ma allo stato attuale non ne abbiamo alcuna idea. La nostra ignoranza sulla vita negli abissi è crassa, lampante, colossale. Persino le creature oceaniche più cospicue ci sono spesso sconosciute, compresa la più imponente di tutte, la balenottera azzurra, una creatura di proporzioni talmente mostruose che – per citare David Attenborough – la sua «lingua pesa quanto un elefante, il suo cuore ha le dimensioni di un’automobile e alcuni vasi sanguigni sono così larghi che ci potresti nuotare dentro». È l’animale più gigantesco che la Terra abbia mai prodotto, più grande persino dei più enormi dinosauri. Eppure, la vita di queste creature è per noi in gran parte un mistero. Non abbiamo idea di dove passino la maggior parte del tempo, dove vadano a riprodursi, per esempio, o che rotte seguano per arrivarci. Quel poco che sappiamo di loro proviene quasi interamente dall’averne origliato i canti, che tuttavia restano anch’essi un mistero. A volte le balenottere interrompono una delle loro melodie, per poi riprenderla sei mesi dopo, esattamente dallo stesso punto.590 Altre volte cominciano un nuovo canto che nessuna di loro può avere sentito prima, ma che ognuna sembra conoscere già. Come ci riescano, e perché lo facciano, sono questioni nemmeno lontanamente comprese. E questi sono animali che devono risalire continuamente in superficie per respirare.

Nel caso delle creature che non hanno questa necessità di affiorare, la nostra ignoranza può essere ancor più frustrante.



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