Camilla Che Odiava La Politica by Luigi Garlando

Camilla Che Odiava La Politica by Luigi Garlando

autore:Luigi Garlando [Garlando, Luigi]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788817024266
Google: Mdn2PQAACAAJ
editore: Rizzoli
pubblicato: 2008-01-14T23:00:00+00:00


Sorride ancora: «Non è tanto bello, ma ci sono affezionata. Ci giocavo quand'ero bambina. Lo porto sempre con me come portafortuna.»

«Tu giocavi a pallavolo?» chiedo, sorpresa.

Non lo avrei mai immaginato, a giudicare dagli stivali e tutto il resto.

«Ero un'alzatrice anch'io» risponde Marisol. «Brava come te. Ma tu puoi migliorare. L'altra sera ho visto due piccoli difetti. Primo: non devi colpire la palla quando ti arriva davanti agli occhi, ma prima, quando è ancora sopra la tua testa, così hai la visuale libera e puoi seguire meglio le compagne da servire. Guarda. Così...» Marisol si mette a palleggiare contro il muro di mattoncini rossi che sta dietro la pensilina.

Rimango a bocca aperta: quasi non si sente il rumore della palla che tocca le sue dita. Un palleggio dolcissimo, come neanche Silvia, la nostra allenatrice, riesce a fare. È davvero bravissima.

«E poi, osserva i miei pollici» mi dice Marisol mentre palleggia. «Io non li uso, perché con le altre dita è più facile indirizzare la palla. Quando avevo la tua età, invece, li usavo troppo. Come te, Camilla. Sai cosa faceva il mio allenatore? Mi schiacciava il pollice contro l'indice e lo fissava lì con un cerotto. Stessa cosa con l'altra mano. Prova anche tu. Vedrai che se usi solo le quattro dita il tuo palleggio diventerà più preciso. Esercitati contro un muro. Il muro è il miglior allenatore del mondo.» Un'auto verde si è fermata davanti alla pensilina. Il signore grasso e anziano che la guida ha suonato il clacson.

Marisol rimette il pallone spelacchiato nella borsa blu e si avvicina all'auto. Parlotta col signore al finestrino, poi si volta, ci saluta con la mano, gira attorno all'auto, sale e va via col signore grasso e vecchio.

«Marisol era il capitano della Nazionale giovanile di Cuba» mi racconta Aristotele. «L'hanno chiamata in Italia per giocare in serie A, poi si è rotta il ginocchio e tutto è andato a rotoli...»

«Quel pallone spelacchiato non le ha portato tanta fortuna» commento.

«No. Ma è una ragazza così buona che ne meriterebbe una montagna. Un giorno si fermerà una macchina diversa dalle altre. Scenderà un ragazzo alto e bello, come un principe, aprirà la portiera e le chiederà gentilmente di salire. Poi la porterà fino a Cuba, volando sul mare. Una notte, nella piazza del cimitero, ho fatto un sogno del genere. Se lo meriterebbe davvero.»

«Baciare gli sconosciuti è il mestiere più triste del mondo» dico io.

«A volte il lavoro uno non può sceglierselo» dice Aristotele.

«Perché la politica non ascolta il capito di ragazze come Marisol?»

«Non lo so, Camilla. Questo non lo so.» Aristotele si gira su un fianco, sotto i cartoni, come per prendere sonno. Capisco che è molto stanco.

E lo lascio in pace.



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