CANNE AL VENTO by Grazia Deledda

CANNE AL VENTO by Grazia Deledda

autore:Grazia Deledda [Deledda, Grazia]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Romanzo
editore: www.libricom.it
pubblicato: 2001-06-10T22:00:00+00:00


“Noemi, che c'è?”.

Ed ella sentì il suo cuore fondersi, chiamare aiuto.

“Predu, fammi un piacere. Cercami qualcuno che possa andare a chiamare Efix al poderetto.”

“Andrò io, Noemi.”

“Tu? Tu? Tu... no.”

“Perché no?”, egli stridette. “Hai paura che ti rubi le angurie?”

Ella continuava a balbettare, incosciente: “Tu no... tu no... tu no...”.

Don Predu indovinava il dramma che si svolgeva là dentro.

Non sapeva perché, da qualche tempo, dalla sera che aveva portato il cestino, dalla sera in cui Giacinto gli aveva detto: “tu accumuli le tue monete come le tue fave, per darle ai porci”. Sentiva un vuoto dentro, un male strano, quasi lo straniero gli avesse comunicato il suo, e pensando alle cugine provava una pietà insolita. Vide che Noemi tremava e anche lui appoggiò la mano al muro accanto a quella di lei. I loro volti eran vicini; quello di lui aveva un odore maschio, di sudore, di pelle bruciata dal sole, di vino e di tabacco, quello di lei un profumo di chiuso, di spigo e di lagrime.

“Noemi”, disse rozzo e timido, levandosi il cappello e poi rimettendoselo, “se avete bisogno di me ditemelo. Che è successo?”

Noemi non rispose: non poteva parlare.

“Che è successo?”, egli ripeté forte.

“Siamo rovinate, Predu...”, ella disse infine, e le sembrava di parlare contro la sua volontà. “Siamo morte. Giacinto ha falsificato la firma di Ester... E l'usuraia ha protestato la cambiale...”

“Ah, boia!”, gridò don Predu, dando un pugno al muro.

Noemi ebbe paura di quel grido e il sentimento del decoro la richiamò a sé. Le parve che i vicini si affacciassero ad ascoltare la sua miseria.

“Vieni dentro, Predu: ti racconterò tutto.”

Ed egli entrò nella casa di cui da venti anni non varcava la soglia.

La lucerna ardeva sul sedile antico, e pareva che la fiammella facesse pietosa compagnia a donna Ruth ancora seduta immobile con la testa appoggiata alla spalliera e le mani abbandonate una qua una là con le nocche sul legno. Metà del suo viso era illuminato, cereo, metà era in ombra, nero. Gli occhi socchiusi guardavan tuttavia in alto, loschi come nello sforzo di fissare un punto solo lontano.

Appena la vide don Predu trasalì, fermandosi di botto. E dal movimento di lui Noemi comprese la verità. Guardò lui spaventata, poi guardò la sorella e corse a soccorrerla.

“Ruth, Ruth?”, chiamò sottovoce, curva su lei, stringendole gli omeri.

La testa di donna Ruth si reclinò prima di qua, poi di là, poi tutto il suo corpo parve protendersi in avanti e curvarsi ad ascoltar la voce della terra che la richiamava a sé.

Il lamento della fisarmonica di Zuannantoni giunse in fondo al caos del dolore di Noemi, come una luce lontana.

Il ragazzo cantava, accompagnandosi, e la sua voce acerba d'una melanconia inesprimibile riempiva la notte di dolcezza e di chiarore. Noemi ancora inginocchiata presso il sedile ov'era steso il cadavere di donna Ruth, sollevò il viso guardandosi attorno. Era sola. Don Predu era corso a richiamare donna Ester. Ella ricordò le parole della vecchia “Zuannantoni viene a farle la serenata” e un mugolìo di dolore uscì dalle



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