Cardini Franco - 2007 - Il signore della paura. Tre cavalieri verso la Samarcanda di Tamerlano by Cardini Franco

Cardini Franco - 2007 - Il signore della paura. Tre cavalieri verso la Samarcanda di Tamerlano by Cardini Franco

autore:Cardini Franco [Cardini Franco]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, Action & Adventure
ISBN: 9788804529866
editore: Mondadori
pubblicato: 2007-01-01T23:00:00+00:00


11. STORIA DEL GRANDE EMIRO

In abito da pellegrino, che era sempre miglior protezione di qualunque altra, Arrigo si era mosso da Gerusalemme seguendo le indicazioni del padre guardiano. Viaggiava su un asino, cavalcatura consentita ai dhimmi cristiani isolati.

Giunse in una decina di giorni al monastero della Madonna di Seydenaia, dove lo aspettava Ivan già pronto con un piccolo seguito: una buona guida, una decina di guardie del corpo armate, dromedari.

Dando addio alla sua condizione di terziario, Arrigo si era appeso di nuovo al collo, dopo avere a lungo esitato, un pegno della sua vita passata che dubitava molto di dover conservare, ma dal quale non sapeva comunque distaccarsi. Era il collare d’argento che portava appeso il medaglione della Compagnia degli Angeli Armati: un monile finemente smaltato che raffigurava una fiammeggiante spada angelica, ai lati della quale due candide ali d’angelo dritte verso il cielo disegnavano unendosi in alto una sorta di ovale sul cui fondo stavano i colori dell’arcobaleno. Era un gioiello sontuoso e, per quanto di non grande dimensione, tale da suscitare curiosità e desiderio di possesso. Per questo egli lo portava nascosto sotto la corta e spessa tunica da viaggio. Ma Ivan, abbracciandolo, lo notò subito e ne rimase incantato come un bambino. Esclamò che sarebbe stata una splendida insegna di guerra; Arrigo replicò che, per lui, era solo un ricordo molto dolce ma anche triste, dal quale avrebbe preferito trovare la forza di staccarsi.

Rostam, la guida, era evidentemente molto fidato; sembrava perfino autorevole, a giudicare dal rispetto col quale i mercenari del seguito - degli arabi siriani, espertissimi arcieri - lo trattavano.

Ivan spiegò subito ad Arrigo che quello era l’uomo giusto per accompagnarlo fino a Samarcanda; sapeva perfettamente che cosa

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fare, era già stato pagato e aveva il necessario lasciapassare, una piccola tavoletta incisa di un metallo che sembrava oro e che egli portava al collo, debitamente nascosta agli occhi dei curiosi.

Mostrato a qualunque suddito del signore, dai confini dell’Azerbaijan a quelli della Cina, apriva tutte le porte e faceva trovare un giaciglio pulito e un pasto caldo in qualsiasi khan. Rostam sapeva combattere, cucinare, cacciare, montare e smontare tende e yurte, curare le ferite e le più comuni malattie che potevano colpire durante il viaggio attraverso le steppe e i deserti; e non c’erano lingue o dialetti in tutta l’Asia con cui non avesse almeno una qualche familiarità. Era un uomo ancora giovane, magro, che sembrava forse più alto di quanto non fosse perché completamente vestito e inturbantato di nero, scuro in volto e con barba e capelli corvini: solo gli occhi, nerissimi anch’essi, gli ardevano nelle occhiaie profonde, sotto ciglia folte e arruffate, di una specie di fiamma dal colore indefinibile. Portava sempre con sé un piccolo arco soriano con faretra, una daga dritta del tipo usato nel Caucaso e una stuoia arrotolata dietro la schiena sulla quale dormiva. Si moveva leggero, rapido, apparendo e scomparendo come un’ombra: difatti gli arabi del seguito lo chiamavano dhill, “ombra”, e sembravano quasi averne paura. Lo si vedeva bere di rado, quasi mai mangiare; la sera, al bivacco, sedeva in disparte, discosto dal fuoco.



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