Carve the Mark - 2. Il destino divide by Veronica Roth

Carve the Mark - 2. Il destino divide by Veronica Roth

autore:Veronica Roth [Roth, Veronica]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori


CAPITOLO 32

CYRA

Io e Teka tornammo al piccolo appartamento che ci aveva assegnato Aza. Era una stanza singola, con una cucina grande la metà di quella che avevo sul vascello del Soggiorno – mi tornarono in mente le sue macchie persistenti e una fitta acuta mi costrinse a fermarmi mentre mi slacciavo i bottoni della giacca – e un bagno in cui ci poteva entrare una sola persona alla volta. Però c’era un tavolino dove leggevo fino a notte fonda, quando Teka si voltava dando le spalle alla luce. Lei teneva attrezzi, fili e parti di computer in una scatola nell’angolo, e nel tempo libero costruiva oggetti, piccoli veicoli a ruote telecomandati, o decorazioni da appendere al soffitto che emanavano scintille quando soffiava il vento.

Si tolse la giacca non appena varcata la soglia e la lanciò sul letto, con le maniche rovesciate. Io fui più cauta con la mia, e slacciai ciascun bottone di metallo con entrambe le mani. Ogni asola era bordata di filo luminoso, per prevenire gli strappi; era un capo confezionato con cura, e speravo di tenerlo.

Teka era al mio tavolo, le dita che sfioravano la pagina che avevo lasciato aperta, con in mezzo un quaderno.

«“La famiglia Kereseth è una delle famiglie predestinate più antiche, verosimilmente la più antica, anche se non ha mai espresso interesse nel discutere della questione. I fati di rado, se non mai, la portano a posizioni di comando, quanto piuttosto al sacrificio o, ancora più misteriosamente, a destini in apparenza irrilevanti.”» Teka aggrottò la fronte. «Lo stai traducendo dall’ogran?»

Mi strinsi nelle spalle. «Mi piacciono le lingue.»

«Parli l’ogran?»

«Sto cercando di impararlo. Alcuni studiosi dicono che è tra le lingue più poetiche; ha molte parole che rimano o sono assonanti. Personalmente preferisco lo shotet per la poesia, perché non mi piacciono le rime, ma...»

Mi stava fissando.

«... mi diverte la sfida. Che c’è?»

«Sei strana.»

«Tu hai appena costruito un aggeggio che cinguetta. E quando ti ho chiesto a cosa serviva mi hai risposto: “A cinguettare”. E sarei io quella strana?»

Teka abbozzò un sorriso. «Colpita e affondata.»

Il suo sguardo tornò al libro. Sapevo che voleva chiedermi perché stavo traducendo la parte sulla famiglia Kereseth, e forse lei sapeva che io sapevo, perché la domanda non arrivò.

«Non è come pensi. Non sto facendo quelle ricerche per lui» spiegai. «È...»

Non avevo detto a nessuno quello che mi aveva rivelato Vara. Il fatto che avessi sangue Kereseth mi sembrava un segreto da dover custodire. Dopo tutto, era il nome Noavek che mi aveva appena reso utile agli esuli. Senza quello, avrebbero potuto anche disfarsi di me.

Ma avevo commesso crimini peggiori davanti a Teka che avere il nome sbagliato, e lei era ancora con me. In passato, l’idea di fidarmi di un’altra persona mi avrebbe terrorizzato. Ormai non provavo più quella paura.

«L’oracolo mi ha confidato una cosa.»

E le raccontai tutta la storia.

«Okay, quindi mi stai dicendo che non t’importa neanche un po’ che Akos si sia sentito attratto da una persona che ha gli stessi geni di quella che lui credeva essere sua sorella.



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